Alberto Toscano
da Parigi
«Battisti è giudicato degno d'essere francese», titola il quotidiano Libération, bandiera della sinistra radical-chic parigina, nel dare la notizia della possibile concessione della cittadinanza all'ex terrorista italiano, condannato all'ergastolo per due omicidi di fine anni Settanta. Ovviamente ciascun Paese è libero di decidere chi sia degno d'averne il passaporto, ma le urla di gioia di Libération rischiano di rivelarsi premature: a Parigi, il clan degli intellettuali favorevoli all'ex esponente dei Pac (Proletari armati per il comunismo) è oggi più isolato di due anni fa: il fatto che Battisti abbia fatto perdere le proprie tracce nell'agosto 2004 - quand'era obbligato dalla sua libertà vigilata a presentarsi regolarmente alle autorità di polizia - non è certo la dimostrazione di un particolare rispetto per la «République française».
La domanda di naturalizzazione da parte di Battisti risale al 2001. Nel luglio 2003 il ministero francese degli Affari sociali diede parere favorevole, ma nel febbraio 2004 l'ex terrorista italiano (fuggito nel 1981 dal carcere di Frosinone e andato in seguito in Francia, in Messico e poi di nuovo in Francia, dove è divenuto celebre come autore di romanzi "noir") è stato arrestato nel contesto di una domanda d'estradizione formulata dalle autorità italiane. Ottenuta ai primi di marzo 2004 la libertà vigilata, Battisti si è visto rifiutare in luglio la richiesta di naturalizzazione. In agosto ha fatto perdere le proprie tracce e, due mesi dopo, l'allora primo ministro Jean-Pierre Raffarin ha firmato l'effimero decreto per la sua estradizione in Italia. Adesso il Tribunale amministrativo di Nantes, a cui s'erano rivolti gli avvocati difensori dell'ex esponente dei Pac, ha annullato la scelta del luglio 2004, le cui motivazioni sono parse insufficienti. Battisti - sposato con una francese, da cui ha avuto due bambini - può insomma tornare a chiedere la cittadinanza transalpina.
Il problema è che nel frattempo ha scelto la via della fuga e della latitanza. La via della "cavale" come dicono i francesi. E proprio "Ma cavale" ("La mia latitanza") è il titolo del libro che sarà publicato la settimana prossima (per l'esattezza il 27 aprile) in Francia dalle edizioni Grasset/Rivages. Il filosofo Bernard-Henri Lévy - che ha sempre sostenuto Battisti, tirando volentieri palle di fango sulla giustizia italiana - ha scritto la prefazione a questo volume, in cui l'ex esponente dei Pac racconta a suo modo la propria storia, affermando in lungo e in largo la tesi della sua innocenza. Una postfazione è stata scritta da Fred Vargas, autrice di romanzi "noir", gran sostenitrice di Battisti. Siccome la giustizia italiana ha condannato in tutti i gradi di giudizio l'ex terrorista per gli omicidi commessi dai Pac alla fine degli anni Settanta, madame Vargas ha deciso di dare una bella lezione al popolo della penisola.
Intervistata lo scorso 10 aprile dal quotidiano la Repubblica, la scrittrice afferma: «Di fronte a un'ingiustizia come questa (la condanna di Battisti in Italia e la scelta dell'estradizione da parte delle autorità francesi, ndr) non potevo restare inerte. Sono una storica, quindi cerco sempre di andare al di là delle apparenze e dei luoghi comuni. Cerco le cause profonde per ristabilire la verità. Ci vorrà tempo, ma sono certa che alla fine riuscirò a convincere anche gli italiani». Insomma gli italiani non hanno capito niente, ma per fortuna la signora Vargas riuscirà a far comprendere loro la loro stessa storia.
Ma una parte rilevante della stampa transalpina non è disponibile a firmare assegni in bianco a una persona che nell'estate 2004 ha messo in difficoltà i suoi stessi sostenitori, annunciando prima l'intenzione di non fuggire e svanendo subito dopo nel nulla. Una fuga degna d'un romanzo «alla Battisti».
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