«Terroristi martiri», un altro giudice nella bufera

Napoli (Fi): «Come si fa a votare una missione che vede contro i magistrati?»

Claudia B. Solimei

da Bologna

Terroristi elevati al rango di «milizia combattente», attacchi contro le forze militari internazionali «giustificati» dall'assenza di finalità di terrorismo, concepito come forma di offesa esclusivamente contro civili, espressioni di «martirio» che non necessariamente sono attacchi kamikaze, ma azioni militari vere e proprie. Tesi vergate nero su bianco nelle 44 pagine della sentenza con cui il tribunale del Riesame di Bologna, il 27 giugno scorso, ha rifiutato il ricorso presentato dalla Procura bolognese per l'arresto di 18 nordafricani sospettati di fare parte di una cellula con base in città, attiva nel reclutamento e assistenza di fondamentalisti e in contatto con un altro gruppo a Milano. La vicenda appare tanto più clamorosa perché riferita a un contesto, come quello afghano, in cui delle forze internazionali legittimate dall'Onu si contrappongono a organizzazioni terroristiche in base a tre risoluzioni delle Nazioni Unite, e in cui il contingente italiano ha un ruolo di primo piano. Secondo la sentenza di Bologna, invece, «non pare condizione sufficiente a caratterizzare come terroristica la partecipazione a un conflitto bellico da parte di persone non appartenenti ai Paesi in conflitto». Infine, il passaggio sul «martirio», secondo cui «...non può in alcun modo ritenersi certo che il martirio più volte emergente nelle conversazioni sia rappresentato quale conseguenza di un'azione terroristica (ad esempio kamikaze) e non, invece, di un'attività di tipo militare o paramilitare».
E anche se i giudici a pagina 17 ravvisano la «evidente pericolosità sociale» delle persone di cui si chiede l'arresto, intercettate a parlare di azioni di sacrificio e a esaltare la jihad, il provvedimento viene rifiutato per mancanza di indizi gravi. La stessa decisione era stata presa dal gip Rita Zaccariello ad aprile: anche lei aveva affermato la pericolosità del gruppo in questione, in contatto con un Ben Lofti reclutato per il conflitto in Afghanistan, ma aveva potuto suggerire soltanto il ricorso all'espulsione amministrativa per motivi di sicurezza nazionale (decreto Pisanu sul terrorismo del luglio 2005, ndr), negando gli arresti e ammettendo i limiti dell'azione penale in questi casi.
Sulla vicenda si sono scatenate anche reazioni politiche. «Sono molti gli inviti - ha denunciato ieri Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore nazionale di Forza Italia, riferendosi anche alle recenti inchieste che hanno coinvolto il Sismi sul rapimento dell'imam egiziano Abu Omar - che fanno pensare a uno smantellamento delle strutture, ma anche delle intenzioni di lotta al terrorismo internazionale nel nostro Paese. È una sentenza clamorosa - ha poi aggiunto - che legittima le azioni violente contro le forze internazionali impegnate in Afghanistan. In secondo luogo, emerge comunque che in seguito al tipo di indagini fatte dalla Procura di Milano, lo smantellamento delle strutture del Sismi è stato fatto in modo scientifico e ormai pressoché totale». Un altro parlamentare azzurro, Osvaldo Napoli, fa gli opportuni distinguo: «Fatta salva l'autonomia della magistratura, rimane da chiedersi come possa il Parlamento di un Paese libero e sovrano decidere di inviare una missione militare contro la quale un magistrato dello stesso Paese autorizza i resistenti a usare le armi».

Sullo sfondo della polemica, oltre alle modalità più adatte e ai limiti della lotta contro il terrorismo, c'è il dibattito sul rifinanziamento della missione in Afghanistan che comincerà oggi al Senato. La Lega Nord chiederà, nell'imminenza del voto, che il governo riferisca in aula sulla sentenza del Tribunale della Libertà di Bologna.

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