Roma - Sembrava il gran giorno del nuovo asse centristafuturista, ma è durato solo qualche ora. La giornata va letta a ritroso, dall’uscita di Casini che ha gelato finiani e Pd, già pronti con le bottiglie di spumante. La maggioranza è andata sotto, è vero, due volte, è vero anche questo, ma il dettaglio è che l’armistizio chiamato da Pierfurby suona come una ritirata per i bei sogni di gloria futuristi. Riponiamo le armi, quelle delle mozioni incrociate sul servizio pubblico, dice il leader Udc, quando già Fli e Pd davano per certo l’affondamento della maggioranza su questo punto (voto previsto per domani), grazie all’alleanza coi centristi. Dal Pdl arrivano segnali di pace, con la disponibilità a ritirare la contromozione del Senato dovuta, dice il capogruppo Cicchitto, a una «indebita forzatura della conferenza dei capigruppo della Camera» che ha calendarizzato un testo su cui è già competente una commissione bicamerale, la Vigilanza Rai. E dunque, nel giro di un pomeriggio, scricchiola il tavolo Udc-Fli, mentre prende corpo - con esiti ancora tutti da vedere - quello tra Casini e Pdl. Spiazzati sia i finiani, che rimangono fermi sul voto di censura all’informazione Rai (ma il bersaglio palese è il Tg1 di Minzolini, detestato dai finiani) sia il Pd, che mostra subito uno scompiglio nei ranghi, con Merlo che apre («rilievi condivisibili») e Gentiloni che chiude. Comunque sia, l’Udc ha rubato la scena al Fli. Con quali conseguenze? Sarà stata solo un’esibizione di responsabilità istituzionale da parte di Pierfurby che già fa campagna elettorale, o il preludio di un’intesa di governo con la maggioranza? Vedremo. Intanto c’è un altro segnale: Casini boccia l’ipotesi di Bersani di un’alleanza da Pd a Idv a Vendola.
Si era partiti in tutt’altro modo, con una prova tecnica di terzo polo, un piccolo agguato per alzare il prezzo nell' estenuante tira e molla finiano (e centrista) o anche, come pure si sussurra alla Camera, un regolamento di conti interno al Pdl, complice l'anonimato dello scrutinio segreto. Complice, pure, l'assenza ingiustificata di almeno cinquanta deputati pidiellini, in altro affaccendati. La sconfitta sull’euroseggio di «resto» ancora da assegnare, però, non è affatto vissuta come un trauma tra i banchi della maggioranza, anzi è ampiamente prevista, e quando il tabellone segna l'esito negativo nessuno alza la voce, nessun fischio, nessuna reazione alla sconfitta. In effetti il pronostico era semplice, pochi giorni prima in commissione Affari costituzionali l’abbinata Fli-Udc aveva già azzoppato Pdl-Lega, perché non ripetersi in aula? Così infatti è stato, due volte. Una cosa è certa: questa non è più una Camera, ma un percorso a ostacoli, una trincea, una camera delle torture.
La sconfitta in aula è derubricata a cosa di poco conto nel Pdl. Si tratta, dicono i deputati, della solita tattica finiana, che quando si votano cose secondarie (un seggio al Parlamento Ue, come ieri) fa vedere che può sgambettare la maggioranza, ma poi sui voti importanti non si assume la responsabilità di sabotarla (come sulla riforma universitaria, su cui ieri Fli ha votato con Pdl e Lega).Tra l’altro l’assegnazione del seggio Ue all’Udc (e non al Pdl, come prevedeva l’emendamento del centrodestra) tornerà al Senato, dove non ci sono i numeri per confermarla. «Si è scelto un metodo totalmente arbitrario, che non si usa mai spiega Peppino Calderisi, “promotore”del calcolo affossato da Udc e Fli - e che ha solo una logica di schieramento politico». Ma anche quella logica mostra segni di cedimento.
Il più ortodosso resta Bocchino, che continua a chiedere le dimissioni del premier. Ma già più accondiscendente è un altro falco, come Urso, che a ilSussidiario.net si dice favorevole a un Berlusconi bis. Il 14 dicembre è ancora lontano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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