Il test per il cuore si fa con il paracadute

Non capita spesso di conoscere un cardiologo di 66 anni che ha la passione di praticare lo “sky diving” ovvero di lanciarsi da un aereo ad alta quota e lasciarsi cadere senza aprire il paracadute fino alla vicinanza con il suolo. È stato quindi facile per il professor Enrico Lorenzini della facoltà di ingegneria convincere alcuni dei suoi giovani collaboratori del Centro interdipartimentale di scienze ed applicazioni spaziali (Cisas) dell’universitá di Padova ad intraprendere un progetto congiunto di ricerca con il dottor Mario Trivellato (l’intrepido medico paracadutista) e fare diventare questo progetto un tema per una tesi di laurea specialistica in ingegneria aerospaziale.
La novità era rappresentata da una serie di strumenti che hanno monitorato il coraggioso medico per controllare i parametri clinici quali il battito cardiaco e quelli dinamici ovvero grandezze che indicano il movimento rotatorio del corpo e le forze-accelerazioni a cui è soggetto durante il lancio: l’uscita dall’aereo, la caduta libera, l’apertura del paracadute, l’atterraggio.
Il lancio è avvenuto dopo il decollo da un aeroporto vicino a Treviso quando la temperatura in quota era tale da poter permettere l’alta quota. Il dottor Trivellato era assistito dal team dei giovani ingegneri e ricercatori del Cisas, Carlo Bettanini, Alessio Aboudan, Enrico Friso e Michele Cesaro, che nei mesi precedenti avevano lavorato per assemblare la strumentazione dinamica: giroscopi, accelerometri, misuratori di campo magnetico ed un ricevitore GPS alimentati da batterie e controllati da un piccolo computer. Gli apparecchi erano stati montati con una cintura elastica da motociclista sul corpo del paracadutista insieme alla strumentazione per rilevare i battiti cardiaci. Il dottor Trivellato era appesantito di qualche chilo che tuttavia il paracadutista non avverte quando è in caduta libera, ma solo durante le fasi di decelerazione, dopo l’apertura del paracadute ed al momento dell’atterraggio. Il volo è stato filmato in tutte le sue parti da un fotografo paracadutista che è sceso insieme al dottor Trivellato ed al suo istruttore di sky diving. I paracadutisti hanno eseguito molteplici manovre durante la caduta cosicché il gruppo di ricerca ha avuto modo di raccogliere dati ricchi di informazioni dinamiche, rilevate poi dagli strumenti, ed avere un riscontro visivo del moto del paracadutista durante tutte le fasi.
I ricercatori padovani guidati dal professor Lorenzini hanno quindi abbinato i dati misurati dagli strumenti ai movimenti mostrati sul video ed alla frequenza del battito cardiaco. La collaborazione fra medico ed ingegneri è stata ottima ed ha dato la possibilità ai giovani ingegneri e dottorandi di combinare tecniche di misura usate nell’ingegneria aerospaziale a tecniche di misura impiegate in medicina. L’analisi dei due tipi di dati (cardiaci e dinamici) su cui i ricercatori stanno ancora lavorando potrà portare a valutazioni interessanti sulla correlazione fra la frequenza cardiaca e particolari condizioni di movimento e decelerazioni che si sono presentate durante il lancio.
Nel frattempo il tesista del corso di laurea in ingegneria aerospaziale, Gianmarco Parpinel, che ha seguito tutte le fasi del progetto, si è laureato brillantemente il 20 ottobre scorso discutendo la sua tesi nell’antica aula di medicina del palazzo del Bo con molta soddisfazione dei suoi familiari, del dottor Trivellato presente alla cerimonia di laurea e dei relatori di tesi della facoltà di ingegneria. Il lancio è avvenuto da 4500 metri di altezza, velocità di caduta libera 220 Km-ora per oltre 3mila metri, in contemporanea il battito cardiaco veniva trasmesso in tempo reale sotto forma di tracciato elettrocardiografico al Centro di cardiologia diretto dal dottor Trivellato, grazie all'ecg transtelefonico con tecnica Blue tooth. In pratica sul petto del medico, sotto la tuta, era applicato un apparecchio del peso di circa 70 grammi, grande quanto mezzo pacchetto di sigarette, che catturava l'attività elettrica del suo cuore inviandola al cellulare che aveva in tasca e dotato di tecnologia Blue tooth, come la stragrande maggioranza dei cellulari.
Il messaggio era trasmesso in tempo reale al Centro di decodificazione, ubicato a Padova, che lo trasmetteva come fosse una e-mail al Centro di Cardiologia. La frequenza massima raggiunta è stata di 120 battiti-minuto senza aritmie di alcun tipo. La trasmissione di un tracciato elettrocardiografico via Blue tooth documenta eventuali aritmie o alterazioni elettrocardiografiche da insufficienza coronarica con una registrazione 25 secondi prima dell’evento e per 15 secondi durante l’evento.

È applicabile a qualsiasi paziente anche se sottoposto a sollecitazioni fisiche estreme, come è stato dimostrato in questo studio interdisciplinare. I tempi di registrazione possono essere tarati diversamente: un minuto prima o durante l'evento elettrocardiografico patologico.

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