Dopo il divieto di fumare nei parchi, dagli Stati Uniti arriva un’altra trovata contro le sigarette: alcuni ospedali hanno bloccato le assunzioni dei medici che fumano. Proprio così: assieme al curriculum, gli uffici del personale hanno chiesto anche il test delle urine per trovare eventuali tracce di nicotina. E se i valori non sono a posto, niente contratto. L’idea stuzzica la fantasia di qualche medico italiano, ma solleva anche le indignazioni di sindacati e politici.
A voler importare anche in Italia il divieto è il farmacologo dell’istituto Mario Negri, Silvio Garattini, che si dichiara «concorde» con la nuova politica strong praticata negli Stati Uniti. «È ragionevole - sostiene - aspirare ad avere il 100 per cento del personale sanitario non fumatore. Per l’assunzione sarebbe sufficiente l’autocertificazione». Insomma, il medico deve dare il buon esempio: «C’è il rischio - precisa la sua posizione il farmacologo - di conflitto di interessi col paziente in un medico che fuma. Non si può raccomandare di smettere di fumare dando un cattivo esempio. E il medico deve essere di esempio dentro e fuori le mura ospedaliere. E ciò è più rilevante delle perdite di tempo durante il turno di lavoro, che ci sono comunque quando un dipendente deve uscire o allontanarsi dalla struttura per fumare».
Non la pensano allo stesso modo assessori, dirigenti sanitari e sindacalisti. «Mi sembra una misura eccessiva - si infuoca Elena Lattuada, segretaria regionale della Cgil -. Sarebbe una discriminazione fortissima in sede di assunzioni. E poi, un conto è favorire stili di vita sani e corretti, un altro conto è esagerare escludendo dalle assunzioni i fumatori».
Secondo il direttore generale lombardo della Sanità, Carlo Lucchina, sarebbe improponibile attuare un divieto del genere in Italia. «Abbiamo una legge nazionale - spiega - che non proibisce il fumo. Quindi, nemmeno a livello regionale, potremmo attuare nessun provvedimento di questo tipo. Credo che già sarebbe un bel risultato far rispettare la normativa vigente sui divieti di fumo, rispettando i luoghi dove si può e dove non si può accendere la sigaretta».
Nemmeno l’assessore alla Salute Giampaolo Landi di Chiavenna, che aveva rilanciato a Milano l’idea dei parchi pubblici non smoking, si sente di approvare una linea tanto rigida. «È un divieto eccessivamente draconiano - commenta -. In questo modo viene violata la libertà individuale, non posso essere favorevole a un’ipotesi del genere.
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