Cultura e Spettacoli

Il testamento di Anita Garibaldi

Ieri, a conclusione del Festival di Mantova, il poeta Valentino Zeichen (nel tondo) ha presentato in anteprima, leggendone alcuni brani, il suo nuovo libro, in uscita oggi: Il testamento di Anita (Fazi, pagg. 76, euro 7,50), dedicato alla figura di Anita Garibaldi. Per gentile concessione dell’editore, ne pubblichiamo un estratto.

I o ero Anita Garibaldi, legittima sposa dell’Eroe dei due mondi.
In vita gli ho dato quattro figli: Menotti, Teresita, Ricciotti e Rosita. Ora prescelta dal capriccio dell’angelo della morte.
Per seguire il mio uomo, mi ero imbarcata volontaria, a sua insaputa, sulla Rio Pardo. Ho combattuto a suo fianco sfidando mille pericoli, se anche fossero stati assai meno di mille, mille uomini coraggiosi vi avrebbero trovato sicura morte. Ma io, quella stessa che sembra non essere più in vita, non ho subito alcun torto. Non mi si chieda il sapere della vocazione, sarebbe indice di superbia voler lacerare l’intimità del mistero per indagare sul segreto della mia invulnerabilità.
Mentre l’indecenza dei cannoni nemici denudava la nave della sua velatura, pulviscoli di pallottole si conficcavano dappertutto scheggiando le carni e le murate; ferivano mortalmente e sconciavano l’inanimato delle cose; scricchiolava l’alberatura per i tarli risvegliati dalle palle di cannone. Imperterrita continuavo a combattere fra lo strazio delle carni ormai fate scempio umano dell’immagine divina. Feci ravvedere i galeotti codardi, nascostisi sotto coperta, e li riportai alla luce della battaglia.
(…) Un precipitoso affanno mi spinge a metetre parole su parole nel vano tentativo di occupare il vuoto del tempo che abiterai senza di me. Malgrado le tue confortanti rassicurazioni, dubito che sarò ancora al tuo fianco, che verrò ricordata per molto.
(...) E se mai più in vita cavalcheremo insieme, poiché io muoio, e se questo non è un congedo teatrale che si ripete ogni sera, perché io muoio adesso, in quest’ultima irripetibile volta, promettimi che almeno nel marmo, nel bronzo, o in altro stravagante materiale d’artista verremo raffigurati uniti.

In materia senz’altro meno nobile del fragile e amato corpo; ma più duratura di fronte alla morte prestigiatrice.

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