Il testimone d’eccezione

RomaNon vorrebbe occuparsi di politica, il premier, soprattutto nel giorno del «sì» della sua ministra Mara Carfagna. Il Cavaliere, testimone di nozze della donna cui anni fa aveva rivolto un complimento che aveva mandato su tutte le furie la sua ex consorte Veronica Lario («Se non fossi già sposato la sposerei immediatamente», ndr), si gode il ricevimento da mille e una notte al settecentesco castello di Torre in Pietra con qualche pensiero all’agenda politica del Paese. Nella tradizionale processione di saluti e complimenti, Berlusconi si mostra disponibile e di ottimo umore anche se ai suoi dice: «Dobbiamo andare avanti ed evitare qualsiasi polemica. Restiamo uniti e continuiamo a lavorare», dice alle parlamentari Melania Rizzoli, Paola Pelino, Micaela Biancofiore. Sorrisi, strette di mano e baci nonostante sul tavolo del governo, in questo momento, ci sia una pila di faldoni aperti di non facile soluzione.
Il primo e più urgente è quello dei rifiuti che stanno di nuovo soffocando Napoli. Su questo fronte a preoccupare Silvio è l’atteggiamento della Lega. Non dell’amico Umberto, che viene sempre considerato fedele e affidabile; quanto del resto del Carroccio, agitato da correnti gelide nei confronti dell’esecutivo. A questo proposito non c’è altro da fare che aspettare il vertice di via Bellerio e poi confidare nel faccia a faccia di martedì con il Senatùr. Fino ad oggi la «quadra» con il capo della Lega s’è sempre trovata ma l’atteggiamento di qualche colonnello leghista potrebbe essere un problema in più.
Poi c’è la questione economica: un vero e proprio countdown che dovrebbe terminare giovedì prossimo. In quella data sul tavolo del consiglio dei ministri dovrebbero planare sia il disegno di legge delega per la riforma del fisco, sia la manovra da 43 miliardi di euro fino al 2014. Questa la cifra generale ma sui dettagli c’è ancora da discutere. O meglio: si vorrebbe discutere. Perché uno dei timori di parte dell’esecutivo è che, come spesso accaduto in passato, Tremonti presenti un testo del «prendere o lasciare». Ma questa volta pare che il ministro dell’Economia sia stato avvisato: serve più collegialità. Il che vuol dire confronto sia con gli altri ministri che con le altre forze di maggioranza, Lega, Pdl e Responsabili.
Altro cruccio del premier è la legge sulle intercettazioni, il cui stop da parte di Fini l’anno passato ha prodotto l’ennesimo «fango nel ventilatore» di questi giorni, con le sbobinate dell’inchiesta sulla P4. «Avevo ragione io a dire che bisognava intervenire per tempo», continua a ripetere il premier. Ma il testo dell’epoca, di fatto stravolto dagli altolà del Fli, è finito su un binario morto. Riesumarlo? La tentazione c’è perché il Cavaliere pensa che «non è vita non poter alzare il telefono e parlare liberamente, con il rischio che queste telefonate siano intercettate e di vederle apparire, anche se non hanno nessun risvolto penale, sui giornali il giorno dopo». La speranza di Berlusconi è che, ripresentando il ddl Mastella, già votato a larghissima maggioranza ma soprattutto presentato dall’Unione nella scorsa legislatura, si possa arrivare una buona legge.

Nel partito c’è chi fa il tifo affinché si proceda con un decreto legge ma - e Berlusconi ne è ben consapevole - questa strada potrebbe essere non percorribile per il via del capo dello Stato. Il Quirinale potrebbe infatti eccepire che non ci sono gli indispensabili requisiti di «necessità» e «urgenza» quindi sarebbe meglio non forzare troppo la mano.

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