Dallas - Una delle motivazioni più forti che hanno coloro che si battono contro la pena di morte è questa: se viene condannato un innocente non c'è via di scampo. La risposta dei "forcaioli" è sempre la solita: applichiamo la pena capitale solo se siamo sicuri della colpevolezza di un uomo. Ma quante volte sono finiti sul patibolo degli innocenti? L'elenco sarebbe molto lungo. Uno dei casi più clamorosi fu quello di Sacco e Vanzetti, i due anarchici italiani giustiziati nel 1927, negli Stati Uniti, dopo essere stati condannati per l'omicidio di un contabile e una guardia di un calzaturificio. Ma i due poveretti non c'entravano un bel nulla con quel duplice omicidio. Ci vollero cinquant'anni prima che la giustizia americana corresse ai ripari. I due uomini furono "assolti" pubblicamente nel 1977, tramite un proclama letto dal governatore del Massachusetts Michael Dukakis: "Io dichiaro che ogni stigma ed ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti". Dopo 50 anni la giustizia americana recitò il mea culpa. Troppo tardi però.
Di oggi è la notizia che l’esame del Dna ha scagionato un uomo, in carcere in Texas da ventisette anni per violenza carnale e omicidio della sua fidanzata. Come hanno commentato i media locali, James Woodward, un afroamericano di 55 anni, è il detenuto americano che ha trascorso più tempo in carcere nonostante la sua innocenza; il diciottesimo, in quello Stato, a essere assolto grazie all’esame del Dna. "In Texas abbiamo raggiunto un picco delle condanne sbagliate.
Nessuno può dubitare che esista un problema", ha detto il senatore Rodney Ellis, il quale ha annunciato per l’8 maggio un incontro ad Austin per approfondire le cause di queste condanne sbagliate e individuare i modi per prevenirle.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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