da Roma
La riforma del Tfr è allordine del giorno del Consiglio dei ministri, convocato per stamattina. Ma il «via libera» del governo al decreto delegato di Roberto Maroni è tuttaltro che scontato, e potrebbe slittare ancora una volta mettendo in grave imbarazzo il ministro del Welfare. Il termine ultimo per il varo del provvedimento è il 4 dicembre.
È Mario Baccini a pigiare con forza sul pedale del freno: «Non credo che in Consiglio si arriverà al voto sul Tfr. Cè sufficiente maturità politica - osserva il ministro Udc della Funzione pubblica - per evitare di andare alla prova di forza. Dobbiamo varare un provvedimento nellinteresse del Paese, non servono decisioni a maggioranza: se non cè accordo, meglio non votare». Lennesima pausa di riflessione servirebbe, secondo Baccini, a raggiungere unintesa che non penalizzi alcuna attività produttiva, in particolare le compagnie dassicurazione che si troverebbero di fatto ai margini di un business da 13-14 miliardi di euro lanno: a tanto ammonta il flusso annuale del Tfr che i lavoratori potrebbero indirizzare a forme di previdenza complementare.
«Siamo in pausa di riflessione dal 5 ottobre, il tempo è scaduto, ed è il momento di decidere se pigiare il tasto play o il tasto stop», replica Maroni. Per il ministro del Welfare, un nuovo rinvio del «sì» alla riforma darebbe ai sindacati una ragione in più per giustificare lo sciopero generale di domani: «Una delle poche cose che il sindacato apprezza è proprio la riforma del Tfr», spiega Maroni, accusando il partito delle assicurazioni di voler frenare la riforma. Con il ministro leghista si schiera An: «La riforma deve essere approvata subito», dichiara Gianni Alemanno.
Il decreto delegato non consente la «portabilità» del contributo del datore di lavoro nelle polizze previdenziali aperte, gestite dalle compagnie assicurative. A queste forme di previdenza complementare, il lavoratore può indirizzare solo la propria quota di contributo per il Tfr: unoperazione molto sconveniente dal punto di vista economico. Nei fondi chiusi, aziendali o di categoria, può confluire invece lintero flusso di Tfr sulla base del principio del «silenzio assenso».
La prospettiva di un nuovo rinvio allarma i sindacati (che fanno parte, insieme con i rappresentanti degli imprenditori, dei consigli di indirizzo dei fondi chiusi, diventando così protagonisti del mercato finanziario). «Se la riforma non passa al Consiglio dei ministri - attacca il segretario della Cisl Savino Pezzotta - è veramente una vergogna. Lurgenza di approvarla è sotto gli occhi di tutti, e se il ministro Baccini ha bisogno di altri chiarimenti siamo pronti a darli. Ma il provvedimento - aggiunge Pezzotta - va approvato in fretta». «Siamo daccordo con Maroni - dice a sua volta il numero due della Uil, Adriano Musi -, senza Tfr sarebbe necessario ripensare lintero assetto della previdenza pubblica».
Anche Giuliano Cazzola, esperto di previdenza, sollecita il governo a chiudere la partita del Tfr.
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