nostro inviato a Melbourne
Ian Thorpe pensava di tornare a Melbourne solo per assistere alla cerimonia di chiusura dei mondiali di nuoto.
Invece gli è toccato tornare per difendere se stesso e parlare di doping. Strano cambio di sceneggiatura: Thorpe il tonno, il piedone lo sbirro del nuoto australiano, eroe un po buffo e immacolato, ha sempre parlato di doping da fustigatore inviperito, talvolta indispettito. Stavolta è nella parte del fustigato, dellipotetico colpevole.
Nessuna colpa, finora. Solo sospetti. LEquipe, il quotidiano sportivo francese, ha lavorato mesi sul sussurro di qualche confidente, probabilmente annidato fra coloro che dovranno dare un seguito, oppure no, al caso.
Caso che è un sospetto, una situazione border line come poteva essere quella di Carl Lewis: controlli che evidenziano qualche anomalia, difficili da provare, riconoscere, insomma da far decidere per una positività. Lewis era a fine carriera, Thorpe ancor troppo giovane. Il fatto che a novembre abbia deciso di ritirarsi, sorprendendo tutti, sponsor compresi, potrebbe non essere una casualità.
LEquipe, infatti, ha raccontato che Thorpe, testato nel maggio 2006 dallagenzia australiana dellantidoping (Asada), ha fatto rilevare quello che la federazione internazionale del nuoto ha definito «adverse analytical result», un risultato sospetto: ovvero un rapporto testosterone-epitestosterone superiore a 4 (una volta era accettato fino a 6) e un dosaggio di LH (ormone ludeostimolante) superiore alla norma.
Mentre nel primo caso si parla di anabolizzanti che aiutano a tollerare i carichi di lavoro, nel secondo si parla di ormoni di controllo delle ghiandole sessuali maschili e femminili. Quando capitano queste anomalie la regola dice che latleta deve essere ricontrollato tre volte nellarco di tre mesi per poi decidere il da farsi. Può capitare che latleta produca da sé testosterone, anche se la composizione molecolare fra quello naturale e quello sintetico è diversa: non difficile da riconoscere.
Thorpe si è sottoposto ad altri controlli il 29 luglio, il 28 agosto e il 10 novembre. E il 21 novembre ha deciso di ritirarsi: il conto potrebbe tornare. La Asada ha raccontato di averlo avvertito solo ieri e di aver trovato la sua disponibilità a collaborare.
In Australia il mondo è esploso. I francesi non godono più di gran simpatie, i siti dei giornali sono invasi dalle proteste, il presidente della federnuoto si è prodotto nellatto di fede: «Credo a Thorpe al mille per cento». Cè chi, allinterno della Fina, ha definito il reportage come «banditismo e non giornalismo» perché nulla è ancora chiaro.
Ma il caso, pur sotterraneo, è scoppiato quando lAsada ha deciso di archiviare il tutto, dichiarando di non aver ulteriori possibilità scientifiche per chiarire la situazione.
A quel punto la federazione internazionale ha sentito puzza di bruciato ed ha fatto ricorso alla Tas, tribunale arbitrale internazionale, per riaprire le indagini.
È capitato anche in Italia qualche anno fa: una nuotatrice assolta dalla nostra giustizia, ma poi condannata a quattro anni dalla Fina che ha gestito il caso con i suoi organi.
La Fina, ufficialmente, non sa ancora il nome del nuotatore sotto inchiesta perché ogni provetta viene siglata da un numero in codice e solo lAgenzia antidoping conosce quel nome. Il fatto che il nome di Thorpe sia uscito significa che qualcuno ha tradito la regola. E di questo vuol venire a capo la federazione, scoprendo il colpevole. A metà aprile la Tas deciderà se riaprire il caso o archiviarlo definitivamente.
Comunque vada, Thorpe non rischia pene retroattive, abolite da una norma introdotta nel 2005.
Thorpe non è mai stato tenero con la federazione internazionale. Può essere la resa dei conti.
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