Le baldanze, gli atteggiamenti arroganti e le prevaricazioni sugli altri dei cosiddetti «pervenu» sembrano non avere né confini né spazi temporali. Ecco perché il testo di John Boynton Priestley «Un ispettore in casa Birling», scritto nel 1933 e ambientato nell'Inghilterra del primo Novecento, in scena da questa sera fino al 1° novembre al Teatro Manzoni (info: 02-7636901, www.teatromanzoni.it), sembra essere uscito da un'abile penna del nuovo millennio. Soprattutto perché la maestria e la raffinatezza degli interpreti della messinscena firmata da Giancarlo Sepe forniscono loro le chiavi ideali per oltrepassare la parola. Un grande regista a dirigere una compagnia di giovani attori capeggiati da due grandi interpreti del teatro italiano, quali Andrea Giordana e Paolo Ferrari, ormai ospiti consueti della prestigiosa sala, sono gli ingredienti fondamentali per il buon teatro, ancora vivo e forte, nonostante le apparenze. La festa della famiglia Birling, impegnata a celebrare il fidanzamento della bella Sheila con un giovane industriale, viene interrotta dall'arrivo di un ispettore di polizia, intento a cercare di risolvere un caso di omicidio. «Ho già lavorato in diverse occasioni con questa coppia di grandi attori - racconta il regista Sepe - e sono felice di aver la garanzia di una produttrice che conosce molto il mondo del teatro. Marioletta Bideri ha infatti creduto molto in questo lavoro e nella mia capacità di metterlo in scena solo, però, dopo aver compiuto un lavoro di approfondimento del testo. Mi rifaccio alla versione del 47, la prima in Italia, che riscosse un grande successo con Salvo Randone. Partendo dalla traduzione di Giovanni Lombardo Radice, ho conservato il genere nuovo al quale l'opera appartiene, ovvero quello che nasce dal connubio tra thiller e dramma borghese». La commedia, infatti, si dipana tra scontri e discussioni tra i presenti, dando vita ad una sarabanda surreale, invelenita da ipocrisie e accuse reciproche, fino agli immancabili colpi di scena. «Essendo un cinefilo - racconto Sepe - ho amato ripercorrere il genere cinematografico al quale questo lavoro potrebbe appartenere e, avvalendomi di molta musica, ho portato la vicenda alla svolta finale». Un divertissement di forza teatrale, dove Andrea Giordana (che vedremo a dicembre il tv nei panni di San'Ambrogio, nella fiction «Sant'Agostino»), il capo famiglia Arthur, contribuisce a rendere l'allestimento ancor più vivace: «Non si tratta di un testo serioso: senza dubbio è molto attuale perché anche se i tempi cambiano, la società resta sempre la stessa con i suoi vizi e le sue virtù. La solidarietà, totalmente assente in quella famiglia, troppo egocentrica ed egoista è il valore che anche oggi si ricerca e verso il quale l'umanità sembra sorda. Se l'autore ha messo la lente di ingrandimento sui difetti della famiglia, il regista Sepe, esasperando un po' i toni, ha restituito al pubblico la vera essenza di una commedia intrisa di suspence. La compagnia di giovani per me è stata stimolante per un'ulteriore crescita professionale». Anche Paolo Ferrari, nelle vesti dell'ispettore di polizia, entusiasta del gruppo di lavoro, sottolinea l'importanza di essere condotto da un regista come Sepe che ogni volta «offre l'occasione di rinnovarsi e di non sedersi sugli allori, spingendo ad una duttilità sempre maggiore».
La giovane Sheila, interpretata da Cristina Spina, pur appartenendo alla nuova generazione e spinta ogni tanto dal desiderio di prenderne le distanze, conserva intatti i difetti dei genitori, così come il fratello Erik (Vito Di Bella). Crescenza Guarnieri, un cirriculum di tutto rispetto alle spalle, Mario Toccafondi e Loredana Gjeci completano un cast ambizioso e spinto dalla voglia di conquistare il pubblico del Teatro Manzoni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.