Tienanmen, Usa a Cina: "Ora i nomi delle vittime" Pechino: "Interferenza"

La Clinton: "Pechino faccia chiarezza sul massacro avvenuto 20 anni fa in piazza Tiananmen". Ma la Cina replica duramente: "Grossolana interferenza nei nostri affari interni. Così mina i rapporti bilaterali"

Tienanmen, Usa a Cina: 
"Ora i nomi delle vittime" 
Pechino: "Interferenza"

Pechino - Passare per Tiananmen non è mai facile come attraversare una qualsiasi piazza. Bisogna passare attraverso i metal detector e vincere la diffidenza dei soldati dallo sguardo imperscrutabile che vigilano su questo enorme spazio in cui nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1989 si consumarono violenze inaudite contro studenti, manifestanti e cittadini solidali con quei principi di democrazia che si volevano far germogliare nel paese. Ma oggi, anniversario della repressione, la piazza della "porta della pace celeste" è un territorio praticamente off-limits soprattutto per i media stranieri, occhi indiscreti su una nazione che pensa solo al suo glorioso futuro di crescita economica per poter sfamare, e sedare con la prospettiva di un riscatto monetario, l’1,3 miliardi di persone che vivono sul suo territorio.

Fare i conti con il passato Del resto Pechino è convinta di aver già fatto i conti con quel passato e di aver emesso il suo verdetto tanti anni fa, quando bollò la richiesta di riforme democratiche come una "ribellione contro-rivoluzionaria". "Sull’incidente politico che ha avuto luogo alla fine degli anni Ottanta, il partito e il governo hanno già tratto le loro conclusioni", ha ricordato oggi Qin Gang, portavoce del ministero degli Esteri cinese, rispondendo così alle "accuse senza fondamento" di Washington. In particolare sono le parole del Segretario di Stato americano Hillary Clinton ad aver suscitato il "profondo malcontento" di Pechino.

Le accuse degli Stati Uniti In un comunicato diffuso ieri, il segretario di Stato americano chiedeva al regime cinese un bilancio sui fatti di piazza Tiananmen rivelando la verità su morti, detenuti e scomparsi. "Una Cina che ha fatto enormi progressi economici e sta emergendo per prendere un giusto ruolo nella leadership globale - ha detto Clinton - dovrebbe riesaminare apertamente gli eventi oscuri del suo passato e dovrebbe fornire un bilancio ufficiale delle persone uccise, detenute o scomparse". Clinton ha poi chiesto a Pechino di liberare coloro che sono ancora in prigione per aver preso parte alle proteste e chiede che terminino le vessazioni nei confronti delle Madri di Tiananmen che da 20 anni chiedono informazioni sui figli scomparsi. Il giorno prima anche il Congresso Usa aveva lanciato un appello simile in una risoluzione approvata in modo quasi unanime. Le affermazioni di Hillary Clinton dimostrano una linea più dura rispetto a quella adottata finora dall’amministrazione Obama nei confronti della Cina, fa notare la Bbc. Ed è sicuramente più rigida di quella mostrata inizialmente dal segretario di Stato che era stata criticata dagli attivisti quando aveva sostenuto, in occasione di un viaggio ufficiale in Cina, che il rispetto dei diritti umani non doveva interferire nelle discussioni tra Washington e Pechino su altri temi come il cambiamento climatico e la Corea del Nord.

Le critiche della comunità internazionale La Cina ha scelto l’arma del silenzio contro il ventesimo anniversario delle proteste, ma in questo modo si è attratta le critiche della comunità internazionale. Perfino a Hong Kong, dove con uno statuto speciale garantisce maggior libertà di espressione, ad alcuni dissidenti è stato negato il visto d’ingresso per la Cina. E da Macao, altro territorio speciale cinese, uno degli ex leader delle proteste di piazza Tiananmen, Wuer Kaixi, secondo nella lista dei most wanted, è stato costretto a rientrare a Taiwan, dove vive, dopo aver cercato di ottenere il visto. Dopo essersi rifiutato di risalire sull’aereo, Wuer ha dovuto passare una notte nel centro di detenzione dell’areoporto di Macao. Centinaia, forse migliaia, di manifestanti sono stati uccisi nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1989 dopo che i carri armati dell’esercito cinese avevano invaso le vie di Pechino.

Su ordine di Deng Xiaoping, le truppe intervennero per mettere fine a sette settimane di manifestazioni pro-democrazia e pacifiche. Hong Kong sarà l’unico territorio cinese a poter commemorare questa sera l’anniversario con una veglia. Tante candele accese per non dimenticare del tutto.

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