Cultura e Spettacoli

Timi, il balbuziente più gettonato al cinema e a teatro

È un poliziotto nel film di Ozpetek e un novizio in quello di Costanzo: «Il percorso più duro è accettare se stessi»

da Roma

Anche lui, come il protagonista del suo romanzo Tuttalpiù muoio, pare colpito dalla «sindrome filosofica di Pollyanna». Che consiste nel trovare il bello dentro le cose tremende che le (gli) accadono. Lui è Filippo Timi, 33 anni, perugino. Attore, poeta, pittore, romanziere, teatrante, autore/interprete di radiodrammi. «Magari non avrei fatto questo mestiere meraviglioso se non mi fossi ritrovato a rischio epilessia, balbuziente e mezzo cieco», confessa. Da anni convive con il morbo di Stargardt, malattia rara, che atrofizza le cellule coniche dell'occhio. «Il centro dei miei occhi è quasi cieco, mi mancano 9,25 gradi. Un buco nel campo visivo: vedo i contorni, ma non ciò che sta dritto davanti a me».
Eppure questo giovanotto dal viso fiero e dal sorriso contagioso è un attore richiestissimo. Attualmente lo si può vedere in due film: Saturno contro di Ferzan Ozpetek, dove è il poliziotto paziente sposato con Serra Yilmaz, e In memoria di me di Saverio Costanzo, dove cesella il personaggio di Zanna, novizio irregolare che lascia l'Ordine dei gesuiti per abbracciare Dio altrove. Intanto gira a Torino San Pietroburgo di Giuliano Montaldo, che l'ha voluto per incarnare Gusiev, un ex terrorista russo che s'è chiuso in manicomio e lì incontra Dostoevskij. «Ho i capelli lunghi, la barba, sono mezzo esaltato, parecchio invasato, proprio il ruolo che fa per me», scherza al telefono.
Venerdì scorso, ospite della Bignardi a Le invasioni barbariche, ha fatto il pieno di simpatia. Le parole venivano fuori a fatica, fors'anche per l'emozione, ma di nuovo Timi ha trasformato l'handicap in una qualità espressiva/umana: sdrammatizzando a colpi di spelling, buttandola in musica, facendo il verso al Gassman dei Soliti ignoti. Del resto non è l'unico attore che balbetta nella vita e va veloce in scena: dallo scomparso Fiorenzo Fiorentini a Giorgio Tirabassi, passando per Paolo Bonolis, il mondo dello spettacolo ne conta parecchi. Lui però li supera tutti. «E già. Ma sappia una cosa: non è mica facile balbettare bene», ribatte, aggiungendo di essere «affezionato» alla balbuzie che lo affligge sin dall'adolescenza. «Però che fatica, a volte», sbotta: «Sarà perché noi tartaglioni, lei mi capisce, attiviamo anche trecento muscoli alla volta, incluse le dita dei piedi, nello sforzo per far uscire una parola. La mia croce sono le 'm' e le 'p'. Ma con gli anni ho imparato a voler bene alle mie paure, ci rido sopra. Non siamo così importanti».
In effetti, Timi sembra aver fatto pace col difetto di pronuncia. Saranno i due lustri di teatro accanto a Giorgio Barberio Corsetti, per il quale ha indossato i panni di Orfeo, Danton, Perceval e Satana; o il cinema sperimentale e di poesia praticato insieme a Tonino De Bernardi; o anche le videopoesie dialettali, recitate tutte d'un fiato. Del resto, l'uomo è colto: cita i filosofi Deleuze e Foucault, invita a leggere un libro del gesuita Silvano Fausti, intitolato L'idiota, riconosce in Giotto, Cézanne e Bacon i suoi modelli pittorici. «Amo tutto ciò che è carne», dice. Già. Timi è uomo carnale, istintivo, scorticato, dalle passioni forti e insieme capace di tenerezze. Basta chiedergli dell'infanzia povera. «Mio padre faceva l'operaio, mia madre l'infermiera. Difficile arrivare a fine mese, i soldi non bastavano mai. Sono cresciuto con quell'incubo. Il mio sogno è guadagnare abbastanza da tornare con un assegno da 100mila euro e dire ai miei: “Mamma, rifatti la casa. Babbo, comprati una macchina nuova”. Mi sono stufato dei mezzi regali». Uno spirito che trasporta volentieri sul terreno dell'amore, ma con qualche furbizia. «Quando canto, recito o litigo con le mie fidanzate non balbetto. Però poi, per farmi perdonare, comincio a zagajare, come dite a Roma, e loro si inteneriscono». Oggi pomeriggio sarà nella sua Perugia per presentare In memoria di me, prima all'università e poi al cinema Zenith.

«Il percorso più grande è accettare se stessi», sussurra quieto, e vai a capire se parla il gesuita Zanna o l'attore Filippo Timi.

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