Per Daniela Santanchè non è ancora finita. Non si dà per vinta nella battaglia per il calendario, quello «ristretto» della settimana di Milano moda: «Spero che ci sia un moto d’orgoglio. Il calendario è sempre stato di una settimana, in modo che tutti potessero sfruttare una vetrina così importante. Perché permettere ad altri di modificarlo? E a vantaggio di chi poi?»
Ce l’ha con qualcuno in particolare?
«Ma no, io non ce l’ho con nessuno. La Wintour vuol stare tre giorni? Va bene, faccia pure. Ed è giusto che i grandi marchi facciano i loro interessi. Ma io parlo per il made in Italy: qui c’è in gioco la forza del sistema paese».
E i grandi marchi davvero non c’entrano?
«È lecito perseguire il proprio interesse. Però i grandi nomi non dovrebbero dimenticare che prima anche loro erano piccoli. E che bisogna dare a tutti l’opportunità di diventare grandi».
Chi ci perde di più?
«Tutto il made in Italy. Che non è soltanto la moda, ma anche l’indotto: taxi, hotel, ristoranti. Ma perché non c’è mai l’orgoglio d’appartenenza su qualcosa che ha fatto diventare grande il nostro paese?»
Già, come si spiega?
«Io sono veramente dispiaciuta. Una città come Milano non può perdere la leadership del made in Italy. Soprattutto se si pensa che c’è l’Expo».
Che fare quindi?
«Innanzitutto non prendere decisioni così affrettate. Non ragionare solo per interesse delle singole aziende, che pur conta».
È la seconda volta che Milano cede...
«Già. Ogni anno cediamo, e perdiamo un pezzetto. Ma non possiamo arretrare, non possiamo lasciare che l’agenda della settimana più importante del made in Italy sia imposta da altri. Altrimenti ci perdiamo noi e ci guadagnano i nostri concorrenti, prima fra tutti la Francia».
Il danno maggiore?
«Il vero tessuto produttivo del made in Italy è fatto dalle piccole aziende e questa settimana era basilare per loro: potevano partecipare al giro dei buyer mondiali, farsi conoscere e vendere».
C’è preoccupazione?
«Tutti quelli con cui ho parlato, stilisti e imprenditori, sono d’accordo con Della Valle e preoccupati per la riduzione del calendario. Ne va del nostro prestigio anche con i nuovi clienti, come India e Cina. Danneggia tutto il sistema paese».
A questo punto come si può intervenire?
«Spero che ci sia una riflessione seria e si torni indietro. La moda non è un mondo effimero, da snobbare: è una delle nostre eccellenze. Vogliamo perdere tutto, proprio mentre Milano si prepara per l’Expo? E a favore di chi, di che cosa? Vorrei sapere quanti si avvantaggiano da questa decisione e quanti sono penalizzati».
Per alcuni l’assenza di Anna Wintour sarebbe stata un guaio peggiore...
«Non credo che la Francia pagherà per non aver obbedito alle sue richieste. Anzi. Comunque non metterei l’ultima parola: spero che si rimetta mano al calendario. Vorrei che trovassimo il coraggio della Francia. E se qualcuno non ci sta, pazienza».
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