(...) da catturare quelle lenti scure. La fermano, con grazia posa la cesta sul lettino. Scarta il primo top e lo accosta alla signora. Scuote la testa, cambia colore, «questo è più adatto». Gli uomini stanno a guardare la bella senegalese. Garbata ed elegante, che si muove come in boutique. Che non ha voglia di raccontarsi lì davanti a tutti. Con il pudore dei suoi 19 anni che la rende dura, determinata, quasi aggressiva, perché nella giungla dei vu cumprà deve sopravvivere. Lei, donna e libera. Nel pensiero, nelle scelte di proporre certi capi d'abbigliamento. Libera di lasciare Dakar per Parigi, dove arriva il 25 agosto del 2004.
Ha un diploma di contabile, nel suo Paese lavorava già in una grande azienda. Parte perché ha voglia di cambiare. Parigi potrebbe offrirle qualcosa di più. Niente. Arriva a Genova poco più tardi. Divide la camera con altre tre persone. Comincia dai mercati. «È stato difficile - racconta nel suo italiano, masticato con la tenacia di chi vuole imparare a parlare -. Non mi piacciono le cose tutte uguali. Penso con la mia testa e scelgo quello che vendo. Mi piace essere indipendente». Ti pianta gli occhi negli occhi, per dirti che non sta scherzando, che è come camminare sull'orlo d'un baratro. Di giorno sulle spiagge, la sera a Genova: «Faccio la spesa e resto a casa. Qui ognuno pensa per sé. La casa di mio padre invece è aperta a tutti».
Quando va bene tira su 20-30 euro al giorno. D'inverno vende solo di sabato e domenica e in settimana fa le pulizie in chiesa. È giovane e bella, le dicono che potrebbe guadagnare di più... «Non mi interessa» ribadisce con la fierezza d'una sfida. «Voglio restare qui e continuare a studiare». Le manca la sua casa, il suo Paese. Quel sole d'Africa così diverso dal nostro. «So che andrà tutto bene».
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