Le toghe allargano all’Europa la sfida ad Alfano

RomaIl braccio di ferro tra Csm e Guardasigilli tocca punte alte con le polemiche pubbliche e serpeggia in decisioni ordinarie che spesso passano inosservate.
Una di queste riguarda la nomina del rappresentante italiano a Eurojust, la Superprocura europea. Mercoledì l’assemblea di Palazzo de’ Marescialli ha fatto un passo in più per allargare le sue competenze «espropriando», dice qualcuno, quelle del ministro della Giustizia.
L’organo di autogoverno delle toghe ha dato l’ok a un ricorso che contesta la scelta del magistrato Francesco Lo Voi, fatta a dicembre da Angelino Alfano, sostenendo che dev’essere il Csm a fare la nomina e non il Guardasigilli.La candidata esclusa Carmen Manfredda ha fatto fuoco e fiamme, proponendo un ricorso alla Consulta per incostituzionalità della norma in questione. E il Csm le ha dato ragione, anche se con una decisione molto sofferta che l’ha spaccato: 11 sì, 7 no, 6 astenuti.
Sotto accusa finisce una procedura istituita proprio dal Csm e seguita prima ancora della nascita ufficiale di Eurojust. In questo modo l’allora Guardasigilli Piero Fassino nominò nel 2001 Giancarlo Caselli primo membro italiano dell’Unità provvisoria di cooperazione giudiziaria, che l’anno dopo divenne Eurojust. E così il successore Cesare Martellino fu poi scelto da Roberto Castelli.
Lo chiamano «concerto invertito»: il ministro manda le sue preferenze tra i candidati al Csm, che ne valuta l’idoneità ed esprime il suo parere al Guardasigilli, al quale tocca la designazione. Così è stato finora, prima seguendo una prassi fissata nel 2001 dal Csm e poi una norma che l’ha recepita nel 2005.
Finora è andata bene a tutti. A Palazzo de’ Marescialli, che non ha sollevato obiezioni per Caselli né per Martellino, né nelle varie fasi della procedura per Lo Voi iniziata dall’allora ministro Clemente Mastella. E neppure la Manfredda, che con la stessa prassi che ora contesta è stata nominata nel 2004 assistente di Martellino.
Perché adesso si contesta la competenza del ministro, rivolgendosi al Tar che a sua volta può ricorrere alla Corte costituzionale? E che effetti potrà avere un eventuale accoglimento del ricorso, anche sulla nomina di magistrati di collegamento con altri organismi internazionali? Per Celestina Tinelli, relatrice della proposta di maggioranza, a cambiare sono stati nel 2008 ruolo e poteri di Eurojust, con una decisione europea che ne accentuerebbe il taglio giudiziario, preminente su quello politico-amministrativo. «Se queste innovazioni normative - sostiene il membro laico di centrosinistra - consentono di affermare la piena natura giurisdizionale di Eurojust, spetterebbe al Csm e non al ministro della Giustizia la nomina del rappresentante italiano».
Non è d’accordo il Procuratore generale della Cassazione, Vitaliano Esposito: «Quando c’è una funzione di indirizzo politico in organismi sovranazionali è normale che sia il governo a decidere». E non si è mai posto il problema che prevalga il ruolo giudiziario su quello politico, per organi internazionali specificamente di giustizia come la Corte dell’Aia, quella di Lussemburgo, quella sui Diritti dell’uomo di Strasburgo. Poi, fa notare Cosimo Ferri di Magistratura indipendente, la decisione su Eurojust del 2008 «non è stata ancora trasportata nell’ordinamento italiano, né in altro europeo e il termine, non perentorio, è il 2011».
Il togato di Mi Giulio Romano è relatore della tesi finita in minoranza. Per lui, il Csm non aveva titolo neppure a intervenire sul ricorso, visto che l’unico atto che lo riguarda è quello, «dovuto», del collocamento fuori ruolo di Lo Voi. «Tutte le valutazioni discrezionali per la scelta del candidato - sostiene - sono di esclusiva competenza del ministro». Inoltre, il Tar del Lazio a gennaio ha respinto la richiesta di sospendere l’incarico a Lo Voi, lui lavora già a Eurojust e la Manfredda non potrebbe mai subentrare.

Se il ricorso fosse accolto, si creerebbe solo un vuoto.
Ma forse è una questione di principio. Per assicurare al Csm qualche spazio di competenza in più, ora che i suoi poteri sembrano minacciati dalla riforma sulla giustizia del governo Berlusconi.

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