Le toghe intoccabili che non pagano mai per i loro errori

RomaMa i magistrati sono «irresponsabili»? Sulla carta, assolutamente no. Nella pratica, una toga che paga dopo aver sbagliato non si vede quasi mai.
Mettiamo da parte la responsabilità disciplinare, di cui si occupa il Consiglio superiore della magistratura, ma quella civile che fine ha fatto? La legge numero 117 del 1988, che nasce dalla schiacciante vittoria al referendum e poggia sull’articolo 28 della Costituzione, è rimasta sostanzialmente lettera morta. Il problema riemerge periodicamente e stavolta è Daniele Capezzone a tirarlo fuori, sull’eco del caso Ruby. «La mia personale opinione - dice il portavoce Pdl - è che, dopo oltre 20 anni in cui le maggiori forze politiche hanno commesso l’errore di non dare seguito (o di dare seguito in modo minimalista e distorto) al voto referendario successivo al caso Tortora, che vide l’80 per cento degli italiani schierati a favore, sia venuto il momento di introdurre una vera, seria ed equilibrata responsabilità civile dei magistrati».
L’anno in cui fu varata la legge 117 c’è stato il picco in Italia di richieste di risarcimento danni ai magistrati: 14, tutte a Roma. Gli italiani ci avevano creduto, ma l’anno dopo forse era già chiaro che la cosa non funzionava e si era scesi a tre, poi a due, poi a uno e così altalenando fino ad una nuova impennata alla fine di Tangentopoli, nel 1996, tra Perugia, Milano, Roma e Bologna. Le cause sono proseguite sempre in numeri ridottissimi, con una media di tre-quattro l’anno, 8 nel 2000, 9 nel 2009.
Ma del numero delle condanne nulla si riesce a sapere ufficialmente. E dei tanti casi clamorosi di errori gravi saliti agli onori delle cronache, non si ricorda un solo colpevole in toga che abbia pagato.
In ogni caso, a rispondere finanziariamente è sempre lo Stato, cioè il ministero della Giustizia, che solo in un secondo momento può rivalersi sul magistrato. Risponde, naturalmente, nelle sole ipotesi in cui i magistrati sono ritenuti personalmente responsabili e, secondo molti esperti, interpretate anche in modo molto restrittivo.
«Come accade per ogni altro professionista - dice ora Capezzone -, se un magistrato sbaglia (con dolo o con colpa grave), deve risponderne, e deve risponderne lui. I magistrati capaci e in buona fede non devono temere. Deve invece preoccuparsi chiunque abbia agito, agisca o agirà in modo fazioso o scorretto».
Il portavoce del Pdl propone di affrontare nell’ambito della «sempre più necessaria riforma della giustizia» un confronto su una questione «su cui il consenso dei cittadini è stato ed è enorme».
La legge afferma il principio che va risarcito «qualunque danno ingiusto conseguente ad un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere da un magistrato con “dolo” o “colpa grave” nell’esercizio delle sue funzioni ovvero conseguente a diniego di giustizia». Probabilmente è questa formulazione a rendere molto difficile l’accertamento della responsabilità dei magistrati.


Ma un intervento, ormai, lo chiede anche l’Europa. Dopo una sentenza della Corte di Giustizia del 2006 proprio sul sistema Italia, da due anni la Commissione Ue ci chiede di adeguare le nostre norme al regime europeo di responsabilità civile.

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