«Togliamo il bavaglio del Garante» Ora la stampa fa retromarcia e si schiera a difesa del «Giornale»

Informazione a convegno contro il decreto dell’Authority. Autocritica di Pizzetti: «Ma non mi dimetto»

da Roma

Evviva la stampa libera senza bavagli! Evviva l’articolo 21 della Costituzione! A dieci giorni dalla divulgazione ad opera del Giornale delle intercettazioni riguardanti il portavoce del governo, Silvio Sircana, nell’ambito dell’inchiesta di Potenza, tanto il Garante della privacy quanto i principali esponenti delle associazioni giornalistiche italiane hanno concordato sulla necessità di tutelare la libertà di informazione nell’ambito di regole «più flessibili». Sono passati solo dieci giorni, ma sembra che il provvedimento dell’Authority (reclusione fino a due anni per la pubblicazione di notizie inessenziali) e le accuse di condotta «vomitevole» nei confronti del Giornale siano stati banali incidenti di percorso. Quisquilie.
L’occasione per mettere una pietra sopra e per fare retromarcia l’ha offerta un confronto pubblico promosso dalla Fnsi, il sindacato unico dei giornalisti italiani. Il presidente del Garante della privacy, Francesco Pizzetti, ha ammesso che «si è trattato di un provvedimento emergenziale e non ad personam» considerato che fino al 15 marzo gli uffici dell’Autorità avevano segnalato la violazione della privacy di ben 16 persone citate dai media in base ai verbali di Potenza.
«Abbiamo registrato che Silvio Sircana non condivide il provvedimento - ha aggiunto - ma serve uno sforzo comune per evitare le sanzioni penali e migliorare gli strumenti a disposizione rendendoli più flessibili ed efficaci». Dimissioni? «Non vedo perché visto che il provvedimento è stato adottato all’unanimità».
Tutto scivolato via come se nulla fosse successo. Pizzetti ha fatto spallucce anche alle sollecitazioni del direttore del Giornale, Maurizio Belpietro, che ha osservato come la violazione della privacy sia principalmente perpetrata dagli uffici giudiziari «che mettono dati privati nei faldoni» e quando essi non sono più protetti dal segreto istruttorio finiscono sui giornali. «Abbiamo avviato un’attività ispettiva presso il Tribunale di Roma - ha risposto - ma noi non abbiamo potere di sindacato sugli atti giudiziari».
Il componente dell’Authority, Mauro Paissan, ha ribadito che la tempistica del provvedimento è stata sbagliata, ma che non si è mai operato a esclusiva difesa della classe politica. «Mi rammarico del ritardo di cui mi assumo tutta la responsabilità», è stata l’autocritica. Con «due giorni di anticipo» si sarebbe tutelata la riservatezza delle starlette finite sui giornali per la loro vita sessuale o per l’assunzione di stupefacenti. Le foto di Sircana? «Se uno si assume la responsabilità di pubblicarle - ha sostenuto - perché è un personaggio pubblico e fa parte di un governo che è attento su alcune materie come i Dico, se ne assume la responsabilità». Tutto nella norma, quindi.
Anche la categoria giornalistica è sembrata ritrovare una compattezza inusuale. «Solo la via deontologica può salvarci da quella giudiziaria e amministrativa», ha affermato il vicepresidente dell’Ordine dei giornalisti, Vittorio Roidi. «Il Garante non può essere un nuovo Minculpop - ha tuonato il presidente dell’Unione cronisti italiani Guido Columba - perché è il giornalista che decide se pubblicare o non pubblicare ciò che è di interesse pubblico». Pure per il segretario della Fnsi, Paolo Serventi Longhi, «è necessario garantire la libera informazione insieme con la riservatezza dei cittadini anche se si registra una crescente insofferenza dei poteri verso il giornalismo».


Stefano Menichini, direttore del quotidiano della Margherita Europa, pesantemente critico nei confronti del Giornale nei giorni scorsi, si è limitato ad affermare che il «mix di gossip e cronaca marginalizza l’analisi politica». Secondo il direttore del Riformista, Paolo Franchi, «il vero problema è il gigantesco sistema di intercettazioni». Insomma, tutto è ok. Almeno fino al prossimo caso Sircana.

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