Toglieteci tutto, non il bipolarismo

E' vero, il bipolarismo ha mostrato le sue crepe, non ha funzionato bene. Però chiedetevi il perché

Toglieteci tutto, non il bipolarismo

Il bipolarismo non so­pravviverà a Berlu­sconi, il premierato forte nemmeno. E tra­monterà il partito perso­nale, costruito intorno al capo. È quel che dicono, anzi invocano, tutte le op­posizioni, la stampa e i po­litologi. Perfino i bipolari­sti più convinti fino a ieri, come Michele Salvati, persino i partiti che han­no costruito tutta la loro vita, fortuna e ragione so­ciale sul bipolarismo e sul partito personale. Im­pressiona vedere Fini, Di Pietro, Casini tagliare l'al­bero su cui sono cresciu­ti, albero bipolare e parti­to sorto sul tronco del lea­der. E fa impressione no­tare la giravolta della stes­sa sinistra che è riuscita ad andare al governo gra­zie al sistema bipolare e ha campato in questi an­ni sul rovescio del partito del leader, personalizzan­do la p­olitica in chiave an­tiberlusconiana.

Ricordo a tutti costoro che stanno invocando il ritorno a un incubo da cui siamo fuggi­ti: la giostra dei partiti e il primato della partitocra­zia, l’impossibilità di go­verni duraturi e alternan­ze al governo, le este­nuanti trattative, il com­promesso al posto della decisione, la consociazio­ne al posto della respon­sabilità, la staticità degli assetti senza la stabilità dei governi. È vero, il bipolarismo ha mostrato le sue crepe, non ha funzionato bene. E anche la personalizza­zione della politica, i par­titi del capo, il sistema maggioritario, hanno prodotto vistosi effetti de­generativi. Però chiedete­vi il perché.

Io trovo che vi sia una causa evidente, che non c’entra nulla con il bipolarismo e con la lea­dership forte, e vi sia an­che un rimedio efficace. La causa è la slealtà di chi cambia gioco in corso d’opera. Nella fattispecie Fini, ma il discorso vale anche per i singoli parla­mentari che entrano in un modo in parlamento e poi si dissociano e cam­biano casacca. Cambiare è legittimo ma a due con­dizioni: che ciò avvenga quando ti presenti davan­ti al popolo sovrano e quando rispondi di voti ri­cevuti ad hoc, cioè perso­nali o dati al tuo specifico partito. Nel nostro caso non c’è né l’una né l’altra condizione. Perché il cambiamento è avvenu­to dopo aver ricevuto un mandato chiaro dagli elettori; e i voti non sono stati ricevuti da un parti­to autonomo e nemme­no da candidati che han­no raccolto consensi sul loro nome.

Ma erano voti assegnati a un partito che indicava un preciso pre­mi­er ed erano voti di parti­to e non di preferenza verso specifici candidati. Nel caso in questione, se fosse esistito un partito a sé, An, e se i candidati fossero stati eletti ad personam, allora sarebbe stato legittimo rompere il patto. Ma in questo caso no. Allora il sistema bipolare arranca perché ci siamo fermati a metà strada. Se avessimo avuto l’elezione diretta del capo del governo, se l’esecutivo non dipendesse dai cambi di maggioranza in parlamento, oggi il potere di ricatto e di paralisi sarebbe neutralizzato. Chi governa, governa per tutto il mandato e non deve rincorrere chi strada facendo cambia gioco. Il mercatino indecente dei voltagabbana nasce lì.

E non ci siamo attrezzati nemmeno del ripiego più efficace, la sfiducia costruttiva, ovvero il governo cade solo se ce n’è un altro pronto a subentrargli, con la maggioranza in parlamento. In secondo luogo, se si eliminano le preferenze, e si accetta l'idea del parlamentare nominato più che eletto, allora ci dev’essere il vincolo di mandato. Se sei stato eletto in questa lista non puoi andartene altrove, pena la decadenza, il tuo mandato è vincolato al partito che ti ha designato. Dunque, o si torna alle preferenze oppure, se si vota in questo modo, il parlamentare decade nel momento in cui rompe il patto. Infine, considerate un’altra cosa. Un ritorno al sistema del passato avrebbe bisogno di ripristinare il Re Sole intorno a cui ruotava la politica: il Partito e la sua struttura con una storia, un popolo, un’ideologia e un territorio. Ma quel partito non c’è più.

E allora, chi comanderebbe in questo caso, con una politica così debole e governi così fragili? Temo i poteri opachi, le cricche mediatico-giudiziarie, i gruppi di interesse e di pressione. Non mi pare un bene... Allora mi auguro che non buttino a mare il bipolarismo, il premio di maggioranza, i governi del premier, solo perché accecati dall’antiberlusconismo, ma sappiano guardare avanti e lontano. Il guaio di questo sistema non è che il premier decide troppo, ma, al contrario, che decide poco e con l’alibi di poter dire ai suoi elettori che non realizza il suo programma perché non lo fanno governare. Non buttiamo il bipolarismo con l’acqua sporca, ma rendiamolo coerente e circoscritto.

Evitiamo cioè che il bipolarismo si trasferisca dal parlamento al Paese, mutando così in guerra civile tra due Italie che si detestano e si credono razzialmente, eticamente opposte. Invece ho l'impressione che vogliano sfasciare il bipolarismo in parlamento, dove è una buona cosa, ma vogliano tenerselo da passeggio, per sfasciare l’Italia. E dividerla molto più del secessionismo padano.

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