da Milano
Dev’esser che già nel 2003, parole sue, era già «il più querelato d’Italia», con 161 miliardi delle vecchie lire chiesti a risarcimento offese-insulti-diffamazione da svariate persone e personalità e non solo del mondo politico. In verità, aggiungeva in un’intervista al Mattino con la solita sfrontatezza, la cosa non lo spaventava affatto, «perché non faccio nulla di male, solo satira». E però, càpita che poi Daniele Luttazzi da vittima della censura si sia trasformato in carnefice, «postando» sul suo blog un messaggio che ha fatto infuriare gli amici e sbellicare i nemici.
Non è una preghiera a non fargli collezionare ulteriori, costosi processi, ma un perentorio avviso che, per di più, sa di predicozzo. Si intitola «A scanso di equivoci», detta le regole del blog: «Non sono permessi: messaggi che vìolino la legge (diffamazione, istigazione a delinquere ecc. ); messaggi non pertinenti al post (razzismo, turpiloquio, pubblicità ecc. ); messaggi maniacali e parassitari (signoraggio, propaganda elettorale, segnalazione di siti personali, flamers, spammers ecc. ); messaggi superiori alle 20 righe». Non solo. «È imperativo restare sul tema», quindi: «Suggerimento: i post più interessanti sono quelli che raccontano di fatti e circostanze da voi stessi vissuti. Seguite queste indicazioni e mi farete felice». Infine, l’avvertimento che «il proprietario del blog non potrà essere ritenuto responsabile per messaggi lesivi di diritti di terzi», ma soprattutto l’inedito Luttazzi-pensiero: «Chi fa il furbastro perde l’accesso al blog. Non si deve abusare della libertà, scambiandola per licenza». Ecco. La libertà non è licenza, insegna Daniele Fabbri in arte Luttazzi.
Lui è lo stesso che portò in teatro uno spettacolo in cui si narrava di Giulio Andreotti che penetra i fori di proiettile sul corpo di Aldo Moro, beccandosi una querela dalla vedova del leader Dc; lo stesso che in tv simulò la coprofagia; lo stesso che è stato licenziato non solo dalla bigotta Rai di regime, ma persino dalla democratica e coraggiosa La7 per quell’immagine che Luttazzi ha deciso di regalare agli italiani, «Giuliano Ferrara dentro una vasca da bagno con Berlusconi e Dell’Utri che gli p... addosso, Previti che gli c... in bocca e la Santanchè in completo sadomaso che li frusta».
I bloggers trasecolano. «Ma se hai fatto la tua fortuna sulla diffamazione e il turpiloquio?? E sono una tua grande ammiratrice per questo... Vado a bestemmiare in un altro sito allora... Ma ti voglio bene lo stesso», scrive Flora. «Ilduca» invece lamenta la scomparsa di un suo commento che conteneva «il termine volgare normalmente usato per indicare l’organo genitale femminile?» e s’indigna: «Non ti pare che lo stile da educanda non si addica al tuo forum, considerato lo stile dei tuoi spettacoli?». Esilarante la replica di Arthur Cravan, che domanda che cosa diamine c’entri il «signoraggio» con gli atteggiamenti da vietare sul blog, senza ottenere risposta. Il Luttazzi censore spopola on line in questi giorni, perché dopo la chiusura di Decameron da parte de La7, l’ex conduttore di Satyricon è tornato a gridare allo scandalo della censura. Scrive MAvero su Diary dopo aver ricordato il manuale del perfetto blogger di Luttazzi: «... uno a casa sua, giustamente, detta le regole e fa quello che gli pare. Poi però non è bello andare a scorreggiare nella casa degli altri, ché se il padrone di casa ti caccia via a calci fa bene. O no? Dura lex, sed lex».
È subito sfogo collettivo. «Senza turpiloquio - è la domanda scabrosa -, in meno di 20 righe un poveretto come può fare satira?», ironizza Biagio. Che poi, vogliamo parlare dell’ultimo «licenziamento»? «La7 sapeva chi faceva entrare a casa propria», dice Alfredo, «La7 lo sapeva, però esiste anche il concetto di superare la misura (e secondo me Luttazzi lo ha fatto più volte)» avverte Maurizio, che aggiunge: «Lui dice che il turpiloquio è un messaggio non pertinente al post! Vorrei vedere se censura un commento pertinente ma che usa il turpiloquio. Non so, io potrei dire “In effetti questa cosa che hai detto non si sopporta. Sai come faccio io a sopportarla? Ho un mio sistema. Mi immagino...” e mettere Luttazzi al posto di Ferrara».
E dire che nel 2006 Luttazzi decise di chiuderlo, il blog, perché: «La forma blog tende a dare potere a chi lo gestisce e a condizionare i contenuti. E siccome la satira è contro il potere, si uccide la satira dandole potere». Deve averci ripensato.
paola.setti@ilgiornale.it
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