Tollerare l’illegalità, ecco il guaio di Genova

Caro Lussana, dopo l’articolo di Giulia Guerri e i successivi interventi vorrei aggiungere due parole sullo stato pietoso in cui versa Genova. I problemi della nostra città non sono un caso isolato: sono i problemi dell’Italia intera ed hanno un solo nome: tolleranza dell’illegalità. Da molto tempo mi sento cittadina di serie B e condivido il paradosso di chi anni fa diceva che nel nostro Paese per ottenere dei diritti bisogna avere la cittadinanza albanese (o romena o nordafricana).
Ogni giorno vediamo che lo Stato per un motivo o per l’altro non fa quel che dovrebbe fare: perseguire i disonesti, punire i ladri e gli assassini, garantire la sicurezza. Da lungo tempo non esiste la certezza né della pena né della punizione, e il mondo va alla rovescia. L’unico criterio applicato sembra essere: «Fa ciò che è contrario al buon senso». Chi delinque è tutelato, chi subisce viene vilipeso e spesso si ritrova sotto accusa. Cosa bisogna fare per finire in galera nel nostro Paese, a parte rubare la classica mela? Un breve elenco dell’illegalità diffusa. Commercio abusivo di merce contraffatta e relativa evasione fiscale. Furti, scippi, rapine, raid all’arancia meccanica in case e ville. Assassini impuniti specie gli incidenti stradali provocati da guidatori ubriachi e drogati quasi sempre recidivi. Delinquenza diffusa, bande organizzate, centri sociali, espropri proletari. Tolleranza per il bullismo e le bande che determina il coprifuoco serale in molte zone della città dove non vanno nemmeno le forze dell’ordine. Prostituzione, droga, gioco d’azzardo, gare automobilistiche, combattimenti vari, scommesse clandestine. Favelas, accattonaggio molesto. Immigrazione clandestina che alimenta le file della delinquenza: lavoro nero, spaccio di droga, prostituzione. I servizi sociali (case popolari, scuole, sanità, pensioni) vengono garantiti prima agli stranieri e poi agli italiani, con i soldi delle loro tasse (ma se lo dici sei razzista). L’abusivismo, specie nelle case popolari, trionfa. Tolleranza verso la droga spacciata apertamente nelle discoteche e nelle scuole. Treni e bus lerci con servizi da terzo mondo per i pendolari. Polizia e Carabinieri lamentano che arrestare non serve a nulla, tanto i giudici li rimettono in libertà.
La magistratura parla di obbligatorietà dell’azione penale ma non persegue i cosiddetti «reati minori». Non far rispettare la legge equivale ad autorizzare il reato che si voleva punire.

Perché i cittadini – genovesi e italiani – non si ribellano? Perché non sanno come fare! Scendere in piazza servirebbe a qualcosa? Votare servirebbe a qualcosa – specie a Genova che da 40 anni si tiene i rossi e il loro sistema di clientele? L’unica arma sarebbe lo sciopero fiscale: rifiutarsi di pagare le tasse, ma allora si finirebbe in galera! Questa è la nostra situazione. Qualche idea?

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