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Gli tolsero il porto d’armi, non la pistola

Rivolta d’Adda Non sopportava più l’idea di dover avere guai con la giustizia e, quindi, di dover affrontare ingenti spese per gli avvocati. Sempre più guai, sempre più spese in arrivo, comprese quelle di separazione e divorzio. E così Gaetano De Carlo ha deciso di farla finita. Non prima di diventare omicida sistemando quelli che riteneva conti in sospeso causa della sua rovina. Il primo conto da sistemare con Maria Montanaro, torinese 36enne che gli aveva spiegato che se non avesse smesso di cercarla, dopo che la storia con lui era andata male, si sarebbe rivolta alle forze dell’ordine. E, poi, con Sonia Balconi, cremasca tanto desiderata quanto inarrivabile, che con il suo comportamento schivo e distante lo aveva spinto a osare sempre di più, fino ad aggredirla e a provocare una denuncia a suo carico che si era trasformata in un rinvio a giudizio il 30 aprile scorso con prima udienza già fissata per il prossimo 17 novembre. Fatto, quello dell’aggressione, che aveva provocato la separazione di De Carlo dalla moglie. L’uomo prima di fare la strage dà un segnale. Cinque giorni fa, a Rivolta d’Adda. Gaetano, molto probabilmente dopo averla seguita, si affianca in un sorpasso all’auto di Sonia che sta percorrendo la Rivoltana. E quando le due auto sono parallele lui la guardando negli occhi intensamente, per diversi secondi. Probabilmente ha già deciso. È questo è il modo per dirle: sei andata oltre. Adesso me la paghi. Del resto lui l’aveva già minacciata dicendole: «Se vai dai carabinieri ti ammazzo». L’avvocato Guido Corsini, al quale Sonia si rivolge nel 2009 dopo l’aggressione, spiega che lui aveva cercato di far ritirare la denuncia penale offrendo un risarcimento. Ma dalla controparte l'offerta, inferiore a 5mila euro, era stata ritenuta se non un insulto quasi. Lui non sapeva ancora del rifiuto della donna per quel risarcimento. Le speranze di arrivare a un compromesso si allontanavano mentre la data del 17 novembre si avvicinava. E diventava una minaccia anche la promessa di Maria Montanaro di andare dalle forze dell’ordine se non avesse smesso di cercarla. Rimane il giallo della pistola. Quando, nel febbraio 2009, l'uomo aveva rimediato la denuncia per stalking, gli era stato ritirato il porto d'armi. Ma non risulta che gli fosse stata ritirata la pistola regolarmente denunciata. Una Beretta calibro 7.65. Proprio come la semiautomatica che ha ucciso le due donne e con la quale si è ucciso. È mercoledì mattina quando uccide la ex compagna Maria a Chieri, nel torinese, dove si era trasferita da poco proprio per cercare di nascondersi da lui. A sangue freddo esplode tre colpi di pistola. Un colpo alla testa è fatale. Alla carrozzeria dove lavora, la Crippa di Arzago, dice che quel giorno deve subire un’operazione. Come ha spiegato ieri il procuratore capo della Repubblica di Crema Daniela Borgonovo, sembra che poi si diriga verso la Francia. E invece no. Nel pomeriggio, intorno alle 17.30, arriva a Rivolta.

Attende Sonia che da Truccazzano sta tornando dal lavoro, esplode in direzione della sua auto quattro colpi di pistola: anche in questo caso quello alla testa sarà fatale. E poi non a caso va a Truccazzano. Perché qui abita la ex moglie. E nelle campagne si spara. Un colpo in bocca.

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