Guido Mattioni
nostro inviato a Parma
Ci sarebbero stati almeno due «pali», a studiare la logistica del rapimento del piccolo Tommaso. Due vedette che nei giorni precedenti il 2 marzo scorso avrebbero preso misure, calcolato tempi e annotato abitudini. Come una trappola di sabbie mobili, la piatta campagna attorno al casale della famiglia Onofri, a Casalbaroncolo, periferia Nord di Parma, continua a lasciar affiorare ogni giorno frammenti di quella verità ingoiata nel buio vischioso di una notte di fine inverno. O a far venire a galla brandelli di informazioni. Così, a poco meno di un mese dal sequestro, emergono indizi sempre nuovi. Tra questi anche una traccia, per ora ancora labile, che potrebbe portare fino in Sicilia e in Calabria.
Ben protetta dietro la cancellata di casa dalle candide ed eloquenti dentature dei suoi quattro pastori tedeschi, la signora Carla Avanzi, una vicina degli Onofri, ricorda bene. «Era il lunedì precedente il rapimento, verso mezzogiorno, ero uscita a portare fuori la spazzatura», ricostruisce ora. E ricorda quelluomo «magro, alto, dai capelli scuri, avrà avuto poco più di quarantanni», che da unautomobile grigia metallizzata, «mi sembra una Punto», parcheggiata là dove la strada finisce nel nulla, tagliata comè dal cantiere dellAlta Velocità, stava fissando la cascina degli Onofri. «Poi, quando si è accorto di me, è risalito in macchina».
E racconta anche di quellaltro uomo, pare più anziano - «me lhanno riferito i vicini» - che proprio il giorno prima del rapimento, seduto dentro unautomobile scura parcheggiata dietro al campetto sportivo, un rettangolo derba tra la cascina degli Onofri e la brutta chiesetta di cemento rosso mattone, sembrava scrutare con qualcosa di simile a un binocolo quella che dal 2 marzo scorso è senzombra di dubbio la casa più fotografata e filmata dItalia.
Particolari, insomma, che confermerebbero lipotesi di un rapimento certamente anomalo, forse non altamente professionale, ma preparato comunque con un minimo di criterio dai suoi cinque, almeno cinque, esecutori materiali. Quelli che Paolo Onofri, il papà del bimbo rapito, insiste da qualche giorno a definire come individui «plagiati dal vero mandante». Frase sibillina che non contribuisce certo a far luce su una vicenda già di per sé fin troppo oscura e intricata. Frase che potrebbe essere addirittura un messaggio inviato a quel «livello superiore» che sembra sottintendere il gergo criptico di Onofri.
E mentre a Parma la Guardia di Finanza è stata incaricata di svolgere accertamenti patrimoniali su persone coinvolte nellinchiesta, gli uomini del Ris dei carabinieri stanno ancora setacciando lautomobile di Mario Alessi, il muratore che fino a ora è lunica persona ufficialmente inquisita per concorso nel sequestro di Tommy. Rimane invece ancora incompleta lidentità del secondo inquisito, quello che (sfilandosi i guanti) avrebbe lasciato una nitida impronta digitale sul nastro adesivo usato per immobilizzare i coniugi Onofri e Sebastiano, il fratello maggiore del bimbo rapito. Di lui, per ora, sono trapelati soltanto il nome di battesimo e liniziale del cognome: Franco M., un trentaduenne siciliano alto un metro e 80, con precedenti per ricettazione, furto e rapina.
E continuano a non dare notizie di sé luomo e la donna - lui calabrese, pregiudicato e quarantenne, lei siciliana - volatilizzatisi dal loro domicilio di Brescello, in provincia di Reggio Emilia. Sulla coppia si stanno addensando inquietanti sospetti che li vorrebbero appunto come altri due degli autori materiali del rapimento. Due persone definite benestanti, «sempre con parecchi soldi in tasca», dalle voci raccolte a denti stretti nelle strade dellex Paese che fu teatro degli amabili scontri di Don Camillo e Peppone.
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