Andrea Acquarone
nostro inviato a Parma
Prima una scritta misteriosa, poi un indagato per falsa testimonianza. Il caso del rapimento di Tommaso Onofri sembra all’ennesima svolta, una di quelle che però - dopo 24 giorni - non ha ancora prodotto risultati. Non è una domenica qualunque, quella di ieri, a Casalbaroncolo, una giornata terminata con la notizia che uno dei manovali impegnati nei lavori di casa Onofri avrebbe mentito sul suo alibi: avrebbe detto infatti che la sera del sequestro lui era in un bar. Ci sono voluti 24 giorni per scoprire dalla titolare che non era vero.
Prima della svolta giudiziaria - qui dove c’è la casa di Tommy rapito il 2 marzo scorso - sulla scena del crimine aveva fatto la comparsa una misteriosa scritta in una delle strade circostanti. Così prima arriva la polizia, poi i gitanti a caccia di morbosi souvenir da imprimere nella memoria, quindi i carabinieri. C’è fermento insolito lungo la stradina nera che solca i campi verso la villetta degli Onofri per quelle tre parole a «piramide», vergate a caratteri cubitali con una bomboletta di vernice bianca. La scritta è comparsa nella notte, in stampatello e davvero suona come una tremenda beffa. Oltre che provocazione. Verso la famiglia di questo piccino malato d’epilessia rubato dalle mani dei suoi genitori; e verso i «mille» investigatori che continuano senza sosta a cercarlo. Ma che forse, dopo giorni di estenuanti indagini, stanno cominciando a perdere colpi.
«Ne hai abbastanza?»: impossibile non scorgere lo strano messaggio dipinto sull’asfalto a centocinquanta metri dalla casa dell’ex direttore del più grosso ufficio postale di Parma. Davvero una sfida. Se non fosse per un dubbio: a lasciarlo sono stati i veri sequestratori o qualche «burlone» dalla mente bacata? In ogni caso chi ha agito ha rischiato. La zona è pattugliata non solo da polizia e carabinieri, che scorrono lungo l’unica strada che porta alla casa, quasi ventiquattro ore al giorno ma anche da giornalisti e telecamere sempre pronte ad accendersi. È questo il primo vero contatto dei banditi? Paolo Onofri arriva con l’avvocato amica di famiglia Claudia Pezzoni poco dopo le nove del mattino. Lo hanno avvisato. Fuma nervosamente, passeggia arrabbiato davanti a casa. «Ne hai abbastanza?». «Io ne ho abbastanza di questa storia già dal primo giorno. Però adesso basta - spiega lui -. Mi dicano quel vogliono. Non ho idea di chi abbia lasciato questa scritta. Uno scherzo? Se così fosse è di pessimo gusto. E colui che l’ha fatto ha corso un grossissimo rischio...». L’algida legale che lo accompagna da settimane, come un angelo custode, è perplessa: «La scritta c’è, questo è un dato di fatto e a quasi un mese dal sequestro ci fa pensare». Onofri, dietro la barba spruzzata da qualche pelo bianco, non è solo stanco: «Mi sembra certa una cosa - ripete -. Chi ha preso Tommaso ce l’ha con la mia famiglia. Ma con chi in particolare ancora non riusciamo a capirlo. Mi dicano solo cosa devo fare. Sono disposto a tutto, rivoglio solo mio figlio».
A pochi metri da casa, intanto, poliziotti e carabinieri si guardano in cagnesco. Mentre i magistrati decidevano appunto di indagare per false dichiarazioni uno dei due operai che parteciparono alla ristrutturazione della villetta di Casalbaroncolo (il famoso supertestimone, l’incapucciato), gli uomini in divisa si davano da fare per trasformare l’inchiesta in pantomima e di certo sarà il caso che questore e comando dei carabinieri comincino a parlarsi, almeno per sapere cosa fanno i rispettivi detective. Già, perché mentre la polizia aveva appena terminato i propri rilievi sulla scritta spray agli Onofri decidendo poi di farla cancellare con una bella passata di vernice grigia, ecco arrivare - armati di provette e marchingegni vari - i superspecialisti dei Ris.
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