Tondo, il liberale «ribelle» che ha spento la stella Illy

Il trionfo dell’azzurro: per lui ha votato anche gente di sinistra

Della sua Carnia - terra dolcemente aspra e forse proprio per questo straordinariamente bella - Renzo Tondo ha preso sopra ogni altra cosa la consistenza rocciosa. Concentrata, ironizzano gli amici, in quello che sta dentro il suo testone di capelli brizzolati e perennemente arruffati. Nel senso che quando affronta un percorso, il neo governatore del Friuli Venezia Giulia tende a portarlo fino in fondo. Anzi, in cima, da montanaro. Ascoltando sì i pareri di chi gli è più caro, ma alle fine decidendo quasi sempre, appunto, di testa sua.
Lo fa nella battaglia per l’infanzia del Terzo Mondo, che lo ha portato ad aprire a Bophal, in India, Paese che adora e dove da qualche anno vive papà Benvenuto (vitale ultraottantenne risposatosi là dopo essere rimasto vedovo), un poliambulatorio finanziato con i proventi del suo libro Chapati (significa «pane»). Lo fa spendendosi per le adozioni a distanza, scoperte seguendo l'esempio del fratello Giovanni. Lo fa in politica «restando sempre dalla parte del popolo senza cadere nel populismo», sintetizza Michela Gasparutti, ex sindaco leghista di Tarcento e da lui folgorata sulla via di Forza Italia. «Al punto che molti personaggi della sinistra, anche di Rifondazione aggiunge lei - mi hanno assicurato di aver dato il voto disgiunto a lui (lo confermano i flussi, ndr), perché rappresenta la gente ben più di quello là». Che sarebbe l'ex presidente del centrosinistra, Riccardo Illy, autore del profetico libro «Così perdiamo il Nord». Appunto, lo si perde così, restando come lui asettici e scostanti.
Caparbio, Tondo lo è fino ad arrivare a disobbedire - è successo, proprio prima delle elezioni - allo stesso Silvio Berlusconi che gli aveva suggerito (o intimato?) di tagliarsi i baffi e di tingersi un po’ i capelli grigi. Tanto per imprimere un dirizzone più mediatico, da buco nel video, a un’immagine personale non troppo curata. «Con il Cavaliere, in quell’occasione lui era stato vago, aveva quasi abbozzato una mezza promessa», racconta uno che c’era. Ma alla fine non ce l'aveva proprio fatta a tradire quel suo «essere se stesso», anche se soltanto esteriore. E si era limitato a un’alleggerita ai baffoni e a un uso un po’ più assiduo del pettine.
«La sua è anche una testardaggine sincera, come conferma la decisione presa ieri di sparire per tre giorni, da solo, con i telefonini staccati - sottolinea Maria Bruna Pustetto, consulente udinese di comunicazione politica che ha lavorato molto con Tondo -. State infatti sicuri che non li accenderà».
E che il neopresidente della Regione Friuli Venezia Giulia, nonostante le profonde radici montanare, abbia qualcosa di atipico, lo conferma anche un suo strettissimo collaboratore, Fabio Carini, l'uomo che cura i suoi rapporti con la stampa. «Alla concretezza carnica - spiega - lui aggiunge una solarità quasi napoletana.

Il che si traduce quasi sempre in equilibrio perfetto e qualche volta, inevitabilmente, in conflitto. Ma con una costante, che è forse proprio la sua cifra: l'incapacità di mentire. Al punto che quando proprio è costretto a farlo, magari a fin di bene, lui soffre. E per davvero».

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