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Toni, specializzato in salvataggi: «Dovevamo vincere a tutti i costi»

Dopo la Fiorentina, ora lo ringrazia anche l’Italia: «Siamo sempre mondiali. Qui c’è il vizio di criticare prima d’iniziare»

nostro inviato a Bari

Il massimo. Dieci giorni a provare uno schema e a dirgli di fare il Totti. E lui che finisce per fare il Toni. In fondo la cosa che gli riesce meglio da trent’anni a questa parte.
Luca Toni ha le spalle grosse e ieri sera si è caricato le angosce e i timori della nazionale e di un ambiente al solito imbattibile a trasformare la Scozia nel Brasile. Donadoni ha guardato in casa della Roma per trovare la formula giusta, comunque la più indicata, per allungarsi la vita: prendi un attaccante e trattalo bene con tre compagni di viaggio che gli stanno alle spalle. Là, Taddei, Mancini e Perrotta. Qui, Camoranesi, Di Natale e ancora Perrotta, l’anello di congiunzione tra i due modelli. Là, Totti. Qui, Toni.
Il centravanti della Fiorentina non ha l’appeal da personaggio, quando lo speaker del San Nicola grida il suo nome la gente sta aspettando quello di Del Piero, però Toni ha le idee chiare. Come a fine gara quando, con semplicità, dirà: «Dovevamo vincere a tutti i costi, vogliamo andare all’europeo e siamo tutti col mister... L’Italia campione c’è sempre stata, abbiamo vinto per noi e anche per l’allenatore, perché qui c’è il vizio di criticare prima che cominci la partita».
E quando la partita comincia, lui si piazza in mezzo ai due perticoni scozzesi Weir e McManus. Parte un duello laocoontico. Di quelli che non puoi insegnare nelle scuole calcio perché se lo fai ti dicono che il calcio è un’altra cosa. Due minuti e Di Natale lo cerca come vuole Donadoni, lui si avvita sul sinistro. Ma glielo strozzano. Poi di testa ancora dopo sessanta secondi. Prende un fallo. O forse lo fa. Perché quando c’è di mezzo lui, il margine tra offesa e difesa è ai minimi termini. La Tartan Army capisce che il pericolo arriva dal perticone che l’anno scorso aveva praticamente già addosso la maglia dell’Inter. Venticinque milioni più Cruz per chiudere l’affare. La maxipenalità subita dalla Fiorentina aveva annacquato i sogni di Champions di Toni e solo un ragazzo che gira intorno ai trent’anni sa quando arriva l’ora giusta per il treno giusto. Ma la famiglia Della Valle non staccò quel biglietto. Invece che il contratto con Moratti, il campione del mondo firmò un patto per la salvezza. Sicuro che prima o poi sarebbe passato all’incasso. E quel poi sta arrivando. Con Firenze ha chiuso, coppa Uefa o Champions lui il patto l’ha onorato. Hanno chiamato in tanti, ora è pronto a rispondere alla Juventus che ha bisogno dei suoi gol come il martini di un oliva. Con quello di ieri sera Toni ne ha timbrati diciotto, quindici in campionato e tre in azzurro. Il primo con la Lituania a Napoli in quel pareggio che costringe l’Italia alla rincorsa affannosa, gli altri due in una notte di Bari meno fredda del previsto.

Per chi c’era e per il futuro della nazionale.

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