Laveva spiegato al Giornale lavvocato Franco Coppi a proposito dei calzini color turchese del giudice Raimondo Mesiano: la privacy di un personaggio pubblico è uno scudo sottile, trasparente, quasi invisibile perché di un protagonista della vita del Paese tutto, o quasi, e può interessare allopinione pubblica. Lo dice ora a proposito di Antonio Di Pietro il giudice del Tribunale civile di Monza Piero Calabrò. Calabrò dà ragione al Giornale, trascinato in giudizio dal leader dellItalia dei valori, scrive una sentenza controcorrente e scatta una fotografia realistica, lontana dalla retorica zuccherosa di certi manuali di giornalismo, del quarto potere contemporaneo. «Per quanto non condivisibilmente - afferma Calabrò - da ormai parecchi anni la polemica politica, e lo stesso suo refluire, in modo diretto o indiretto, sulla stampa oggettivamente schierata da una parte o dallaltra dellagone politico, ha esasperato i temi della critica agli avversari (reali o presunti tali), producendo un inasprimento di toni e critiche, certo non ignoto allo stesso odierno attore».
Insomma, Di Pietro non è nato ieri, partecipa con toni forti, talora gridati, alla vita del Paese, ha acceso col fiammifero del dipietrese infinite polemiche allok corral, dunque deve accettare le critiche, anche quelle senza sconti, anche quelle talvolta perfide, del Giornale. In questo caso, sul banco degli accusati era un articolo firmato il 18 gennaio 2009 da Paolo Bracalini, duro fin dal titolo: «Silvana Mura dalla boutique alla cassa. Di Tonino». Il tutto sotto un occhiello che non lasciava spazio allimmaginazione ma semmai solo alla rima con il partito di Tonino: «Litalia dei favori».
Troppo? Sì, per Di Pietro che non aveva gradito il ritratto in carta vetrata della Mura, peraltro una delle figure chiave dellIdv, la storia dei suoi rapporti con Di Pietro, laccenno malizioso ad una collana, la definizione di «nuova zarina di Di Pietro». E altri passaggi ancora, certamente non graditi alla coppia dellIdv. Ma Calabrò non si lascia impressionare da questa o quella frase tutta scintille e completa la ricognizione del giornalismo italiano di oggi: «In sintesi, la ricerca di argomenti riconducibili direttamente o indirettamente alle vicende dei personaggi pubblici (in gran parte estranea al periodo della cosiddetta Prima Repubblica, ma non del tutto sconosciuta in altri Paesi, noti per la estesa libertà in tal senso concessa alla stampa) può ormai considerarsi quale fatto acquisito nellordinario operare del giornalismo italiano, al di là di più o meno sfavorevoli valutazioni etiche al riguardo».
Insomma, secondo Calabrò non si può certo misurare un articolo di giornale, specie di questi tempi in cui le polemiche e le mischie sono pane quotidiano, col metro del galateo o di un torneo cavalleresco. Un ritratto, corrosivo, può mancare di fair play ma non per questo è diffamatorio. E il potente che è stato bersagliato non può pretendere un risarcimento come una qualunque vittima. Non solo. In concreto, per Calabrò limmagine che lopinione pubblica ha di Di Pietro non verrà certo scalfita dalla scoperta che Silvana Mura ha costruito la sua carriera politica nel rapporto personale con il fondatore dellIdv.
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