Tonino forcaiolo solo con gli altri Per i suoi guai vuole l’immunità

L’ultima l’ha sparata l’altra sera in tv: «Noi siamo diversi dagli altri perché appena c’è qualcosa corriamo dai magistrati per dare le giustificazioni. Loro, invece, vogliono sfuggire ai giudici per non farsi processare, come nel Burundi, peggio del Burundi!». Ma siccome Di Pietro è solito dire una cosa e farne un’altra, anche in questo caso ha osservato perfettamente la sua regola. Lui, il grande nemico dell’immunità parlamentare come vergognoso privilegio della Casta, proprio lui ha chiesto l’immunità parlamentare per non rischiare di dover risarcire chi ha diffamato. Tempo qualche giorno, 12 febbraio, e Tonino volerà a Bruxelles per essere sentito dalla Commissione giuridica del Parlamento Ue in merito alla sua richiesta di non comparire davanti al giudice civile, in quanto parlamentare europeo all’epoca dei fatti.
Quali fatti? Un articolo scritto da Tonino nell’ottobre del 2002, sul quotidiano del Pdci «Rinascita della sinistra» (sì, a quel tempo Di Pietro scriveva con assiduità sull’organo dei Comunisti italiani, anche se 6 anni dopo avrebbe promosso con Beppe Grillo la battaglia contro le sovvenzioni ai giornali di partito: una delle innumerevoli capriole di Tonino), dove citava tra gli altri il giudice Filippo Verde, uno degli imputati del processo Imi-Sir, poi assolto in primo e secondo grado. In quell’articolo l’ex ministro prende, per dirla in dipietrese, lucciole per lanterne, perché cita l’ex giudice Verde come uno degli imputati anche del Lodo Mondadori, in cui invece Verde non è mai stato coinvolto. Un errore madornale, aggravato dal tono usato da Di Pietro che dipinge Verde come uno dei giudici che avrebbe influenzato l’annullamento della sentenza favorevole a De Benedetti. E che continua così: «Per l’insieme di queste vicende (cioè appunto, sbagliando, Imi-Sir e Lodo Mondadori, ndr) la pubblica accusa rappresentata dalla tenace Ilda Boccassini ha chiesto pene “di tutto rispetto”, tra cui 10 anni per il giudice Filippo Verde».
Come non bastasse, l’articolo è stato poi ripubblicato nel febbraio 2003 dal sito internet dell’Italia dei Valori. La causa, con l’atto di citazione e la richiesta di risarcimento per diffamazione, è partita nel novembre di quell’anno, senza che mai Di Pietro rettificasse o smentisse la falsa notizia pubblicata. È andato avanti l’istruttorio finché non si è arrivati (dopo un clamoroso anno e mezzo di «congelamento» nella cancelleria del Tribunale di Roma, che si era «dimenticato» di procedere), all’udienza in cui Di Pietro si è costituito presentando la richiesta di immunità. Il giudice del Tribunale di Roma però non ha ritenuto di applicarla (per legge avrebbe potuto) e ha quindi inoltrato la pratica a Bruxelles. Se la commissione darà l’ok a Di Pietro, la palla passerà al Parlamento europeo che dovrà votare. In caso negativo, a Tonino toccherà suo malgrado presentarsi davanti al giudice civile che deciderà se c’è stata diffamazione oppure no (i legali di Verde chiedono 150mila euro di risarcimento). Ma al di là della vicenda legale, a colpire è l’incoerenza politica di Di Pietro, che a più riprese ha sempre attaccato (e violentemente) il ricorso all’immunità parlamentare come trucchetto per sottrarsi alla giustizia. Gira le piazze d’Italia per raccogliere le firme contro il Lodo Alfano (lo scudo per le alte cariche dello Stato), che definisce una «legge vergogna». Fa il paladino delle Procure e quando vuole querelare qualche politico non manca mai di aggiungere: mi auguro che, come me, rinunci all'immunità e accetti il giudizio del giudice terzo (lo ha detto un anno fa a proposito di Berlusconi). Per poi scoprire che lui è il primo a chiederla.
Non ne è sorpreso più di tanto l’ex Idv Beniamino Donnici, eurodeputato espulso nel 2005 dal partito perché osò contestare la gestione di Tonino: «È incredibile, si è sempre battuto contro le immunità. Metterà in serio imbarazzo anche il gruppo europeo cui fa capo l’Idv perché la sua posizione contro i privilegi è arcinota, risulterà incomprensibile». Donnici ha ricevuto nei giorni scorsi una telefonata dalla segreteria di Di Pietro che lo avvisava dell’arrivo del leader Idv a Bruxelles, appunto il 12 febbraio.

«Pensavo dovesse incontrare il leader dell’Alde (il gruppo europeo in cui rientra l'Idv), gli ho anche messo a disposizione il mio ufficio. Non pensavo invece venisse per quello». Psichiatra, Donnici abbozza anche un quadro clinico: «In psichiatria parleremmo di comportamento schizofrenico. Ma è una persona molto lucida, solo troppo impulsivo».

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