Tool: «Il nostro rock? Canzoni come piccoli film»

Parla Maynard James Keenan, leader della band di culto che stasera chiude il tour italiano. «Vengo da West Point e amo i contrasti»

Antonio Lodetti

da Milano

Cinque anni fa - c’erano ancora le care vecchie lire - i Tool arrivarono all’Alcatraz di Milano per suonare davanti ai carbonari del rock alternativo. Erano i tempi dell’album Lateralus, esploso al numero uno delle classifiche americane con 500 mila copie vendute in una settimana, e delle tournée con i King Crimson. Oggi sono i signori del nuovo rock, che unisce la virilità del metal con un suono moderno e con le suggestioni di uno spettacolo di forte impatto visivo; riempiono a uovo i Palasport di Milano e Roma per chiudere il loro tour italiano stasera al Palamalaguti di Bologna. Il cantante Maynard James Keenan (strano animale rock che mischia l’educazione all’Accademia militare di West Point e la scuola d’arte) ha la mania di travestirsi - ora da donna, ora da alieno -, il chitarrista Adam Jones ha curato gli effetti speciali di film come Terminator e Ghostbusters 2 e inventa bizzarri e cupi videoclip sul filo dell’horror. Un fenomeno di costume ma anche e soprattutto una band - già definita i «Radiohead del metal» o «i nuovi King Crimson» - che col nuovo cd 10000 Days (al quarto posto delle classifiche italiane) sta segnando le coordinate del rock del futuro. «Il nostro segreto è quello di non dare punti di riferimento - racconta la band di Los Angeles -; è difficile etichettarci perché la nostra regola è che nel rock non ci sono regole».
Alternativi fino in fondo.
«Cerchiamo di essere noi stessi cercando di stupire».
Avete vinto un Grammy ma non l’avete ritirato, parlate poco con la stampa, meno ancora con i fan...
«Vogliamo stare fuori dal grande circo del rock. Ovvero a noi interessa solo l’arte e la musica; il resto è un di più e a volte distrae dell’obiettivo. Abbiamo visto troppi gruppi montarsi la testa, rovinarsi nella caccia alla fama effimera. Non vogliamo morire, inaridirci o contaminare la nostra creatività».
Però il vostro show è accattivante, con i travestimenti, i giochi di luce: reminiscenze di Alice Cooper?
«Cooper è stato un grande trasgressivo, noi più provocatori. Le nostre canzoni diventano piccoli film, il suono è tanto importante quanto l’immagine».
Il cinema e l’arte visuale sono molto importanti per voi?
«Adam è il mago degli effetti speciali, ha lavorato anche nei film di Schwarzenegger e sa creare la giusta ambientazione per far vivere in presa diretta i nostri spettacoli e i nostri video, per alzare il tasso emotivo».
West Point, scuola d’arte, sacro e profano tutto insieme...
«Non ci sono barriere nell’arte. Fare rock è un gioco terribilmente serio. Amiamo i contrasti: educazione rigida e fantasia, suoni duri accompagnati da immagini romantiche, quelli melodici accostati a scene cupe e ambigue».
E le vostre radici musicali?
«Ci definiscono un gruppo metal, ma naturalmente siano affascinati dalle cose più diverse. Da Beethoven a Simon & Garfunkel, da Neil Diamond agli ACDC, dai Led Zeppelin al folklore sovietico, dal blues all’elettronica passando per il drum’n’bass».
E i nuovi gruppi?
«Collaboriamo con i Rage Against the Machines, amiamo i Deftones e i Korn, amiamo la musica “sporca e cattiva”».
Siete ormai la band preferita da Robert Fripp e dai suoi King Crimson.
«Presto torneremo in tournée insieme. Loro hanno aperto la strada ad un miscuglio intellettuale di suoni, noi cerchiamo di farlo nello spirito del nostro tempo».


Cinque anni di silenzio tra l’ultimo cd e 10000 Days eppure il pubblico non vi dimentica, anzi.
«Questo dimostra che l’esibizionismo non paga».
Come vi definite?
«Figli del rock and roll, una musica che è vita, a volte dolore, ma ci porterà tutti in Paradiso».

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