Una toppa per riparare l’aorta

Maria Vittoria Cascino

da Rapallo

Fa sempre un certo effetto vedere l'ecografo trasmetterti l'andamento lento, ritmato, costante del cuore. Raccontarti dell'aorta ascendente «rivestita» senza aprirti in due, del paziente che avrebbe dovuto morire e invece s'è salvato. Dell'intervento che nel mondo non ha precedenti. Il monitor dà il bianco e il nero, Paolo Pantaleo, giovane responsabile della cardiologia di Villa Azzurra, ci mette il dito. È uno pratico, non se la tira da capoccione, la pergamena dei successi la tiene in tasca e a raccontarti questa storia grande ti si mette vicino: «Vede che qui il sangue esce?» Strizzi gli occhi. Localizzi un puff che s'annulla quasi nel grigio «Ecco, bisogna tappare il buco». Che di prassi ci infilano le mani, tagliano e cuciono e cara grazia che va così. Ti spiega che normalmente una dissezione aortica, ovvero la lacerazione dello strato più interno dell'arteria con conseguente rottura e riduzione di sangue a cuore e cervello, è di quelle che difficilmente lasciano via di scampo. A Villa Azzurra ci hanno messo la testa sul cuore. Hanno bandito il bisturi e lavorato di catetere. Quando le condizioni sono più che critiche, quando di aprire il malato non te lo puoi permettere. Ne fanno due: i pazienti sopravvivono. Ne arriva un terzo, «ha 70 anni, già rioperato al cuore dopo un primo intervento fatto a Milano. La seconda degenza è complessa e l'idea di sistemare l'aorta tramite chirurgia toracica è insostenibile. Arriva qui dalla Spezia. Nell'aorta c'era una breccia da cui fuoriusciva sangue. Tanto. Se il buco non viene chiuso in tempo porta alla lacerazione del vaso». Lo operano in emergenza nella notte. «Anziché sostituire il pezzetto guasto dell'aorta, ci inseriamo una retina di dimensioni tali da non ostruire né arterie né coronarie». Quel frammento di protesi, usata normalmente come raccordo, diventa un pantalone messo all'aorta. «Da un'arteria della gamba sale il tubicino contenente la protesi. Tre i rischi: il catetere poteva danneggiare il cuore e la protesi occludere coronarie e carotidi». L'intervento in anestesia locale riesce. «Un'ora e mezzo in tutto. Nulla del genere è mai stato eseguito senza isolamento chirurgico aggiuntivo. Ci hanno provato in Giappone, ma senza esito». A Villa Azzurra ci sono riusciti. «Questo approccio sta all'intervento toracico, come l'angioplastica al by pass. E tutto grazie alla collaborazione tra cardiologi e cardiochirurghi». Ma Pantaleo s'allarga. Perché questi interventi li hanno sì ristretti agli inoperabili, «ma c'è una casistica di pazienti che potrebbero essere trattati con endoprotesi. Il problema è l'elevato costo del materiale. Che la Regione non rimborsa, nonostante la dissecazione aortica acuta abbia indici di mortalità altissimi». Da qui all'esodo dei pazienti il passo è breve. «Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Puglia hanno da tempo avallato tali forme di risarcimento. Specializzarsi in queste tecniche significa attirare pazienti da fuori. Qui lavoriamo con il top delle tecnologie. Tant'è vero che siamo al terzo posto in Europa come Gruppo». Pantaleo gira il monitor per mostrarti quel lavoro di fino.

Il puff è sparito. Nessuna sbavatura. Solo il chiaro-scuro della vita fissato in un'immagine che adesso ti fa pensare. Che magari la soluzione ce l'hai dietro l'angolo senza fare i chilometri. Che da Rapallo lo raccontano al mondo.

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