Tori Amos, grinta e poesia del grande rock al femminile

SUCCESSO Il suo album «American Doll Posse» ha venduto quasi due milioni di copie

«Nell’anima ho il vigore dei Led Zeppelin e la voglia di poesia di Joni Mitchell». Queste parole definiscono lo spirito e la musica di Tori Amos, cantautrice e pianista - bandiera del rock al femminile che sa coniugare intimismo, rabbia, canzone d’autore e successo (e anche cacciar fuori dalle sale in cui suona gli spettatori che disturbano la sua ispirazione). Stasera arriva a Milano, torna al teatro Smeraldo, dove due anni fa ha presentato l’impegnativo album American Doll Posse (quasi due milioni di copie vendute) dove «interpretava» cinque personaggi femminili diversi, vestiti modernamente ma mutuati dalla mitologia greca (da Persefone a Afrodite a Diana).
Fragile e grintosa, selvaggia e raffinata, minimalista e al tempo stesso autrice dalle mille sfumature sonore, Tori Amos ricorda Laura Nyro, artista di grande talento e di culto scomparsa nel 1977. La Amos canta esperienze dure e dolorose, senza far sconti a nessuno, e men che meno a se stessa; in Me and a Gun racconta lo stupro che subì a 21 anni, e molte delle sue composizioni parlano di storie «scure». Nei suoi brani non solo aggressività, sensualità e carica eversiva, (chi non ricorda il suo modo di aggredire il pianoforte, girandosi verso il pubblico a gambe aperte, roteando il bacino e la testa nel suo rito pagano?) ma soprattutto momenti di riflessione, piccoli esami di coscienza in cui ci riflettiamo un po’ tutti.
Il fulcro del concerto sarà il suo ultimo album, uscito da poco non a caso intitolato Abnormally Attracted by the Sin (cioè «Attratta dal peccato in modo anormale»). Il suo segreto? Un florilegio di suoni che vanno dal rock al folk passando per il trip hop e la sperimentazione pura e testi crudi e diretti contro un mondo in cui l’apparenza conta più della realtà. «Dicono che sono trasgressiva ma gli americani sono bigotti e hanno grandi problemi con il sesso». Non male per la figlia di un pastore battista che ha persino studiato al Conservatorio. I suoi esordi nel rock non sono certo da ricordare;la partenza negli anni Ottanta con Y Kant Tori Read (dal nome della sua prima band in cui c’era anche Matt Sorum, poi nei Guns N’Roses)è stata un vero flop.
Ma dalla caduta si è vista la vera stoffa della cantautrice, quella che riemerge con Little Earthquakes (con pezzi come Silent All These Years e Winter) che la portano in cima alle classifiche mondiali. Da allora ogni album è un successo, poco o nulla concedendo al business. Non è una superstar ma vende e piace ai veri appassionati di rock con dischi diversi l’un dall’altro come Under the Pink (l’album che la consacra) riccamente arrangiato, Boys For Pele introspettivo e registrato parte in una chiesa irlandese parte in una antica villa georgiana, passando per i colori forti di From the Choirgirl Hotel e per il minimalismo acustico di The Beekeeper. I fan più accaniti la seguono con fedeltà negli impervi territori delle sue elucubrazioni artistiche, con quel suo modo diretto, conciso ed impertinente di raccontare e raccontarsi, come ha fatto anche con la biografia - intervista La danza dell’anima.

E le sorprese dal suo cappello a cilindro non sono ancora finite, dato che ha già annunciato un nuovo album, che uscirà a breve, dal titolo Midwinter Gaces, dedicato al Natale. Per una che ha spesso attaccato con vigore la religione non è male.

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