Tori da monta «normati» da 22 fra leggi e decreti

A completamento dell’articolo di Stefano Filippi sulla burocrazia-vampiro le offro la mia testimonianza, che ha del surreale. Ho una casa (dammuso) a Pantelleria e debbo mettere sulla terrazza un nuovo cannizzato (una copertura «rustica» di canne usata per proteggersi dal sole) in sostituzione del vecchio, ormai marcito. Il costo della materia prima ammonta più o meno a 250 euro. L’ufficio comunale competente mi ha comunicato che per effettuare la sostituzione «è preferibile, al fine di snellire il lavoro d’ufficio e rendere il servizio più efficiente, attivare la procedura di Denuncia di Inizio Attività (Dia) regolamentata dall’art. 14 della L.R. n° 2/2002 che ha recepito l’art. 4 commi da 6 a 10 del D.Lgs. 5/10/1993 n° 398 previa acquisizione di tutti i nulla osta degli Enti di tutela e le documentazioni ed attestazioni previste per legge». Inoltre bisogna fornire una «comunicazione da parte del proprietario che attesti la regolarità dell’immobile» accompagnata da una relazione (in burocratese «asseverazione») «a firma di un tecnico abilitato (geometra, architetto o ingegnere) con relativi allegati grafici». Tralascio le difficoltà incontrate per riempire correttamente i formulari, ma faccio rilevare che l’intervento di un «tecnico abilitato» non può costare meno di mille euro. E tutto questo per un intervento di semplice manutenzione.


Per il diletto dei lettori e per opportuna conoscenza del ministro Brunetta, vorrei aggiungere a quanto già illustrato che la illuminata Asservazione Dia esige a compimento della pratica - del faldone - che per la sostituzione del cannizzato sia documentato, oltre quello Paesaggistico e Idrogeologico, il rispetto dei vincoli sui Siti di Interesse Comunitario (Aree Sic), sulle Zone di Protezione Speciale (Aree Zps) e sulla Riserva Naturale Orientata. E che l’opera (il cannizzato) «non ricade nelle zone di salvaguardia contigue ad opere di difesa dello Stato» e/o «nella fascia compresa entro i 30 metri dalla dividente demaniale». Infine, e con riferimento alla L. n. 447/95 e alla L.R. n. 21/99, che il cannizzato «non richiede la necessità dell’abbattimento dell’impatto acustico». Questo si chiama, papale papale, dare i numeri. E per meglio chiarire che razza di numeri siano, vorrei ricordare che le pratiche smaltite annualmente dalle amministrazioni pubbliche sviluppano 390mila metri cubi di carta. Quanta ne basta e avanza per tappezzare l’intera Penisola. Che ogni comunicazione burocratica comporta 22 euri di spesa e 49 minuti di lavoro. Che la pubblica amministrazione è strangolata da 150mila leggi, quando in Francia sono 7mila, in Germania 5mila e 500 e in Inghilterra 3mila. Che l’istruzione è soggetta a 1.636 provvedimenti, leggi, decreti, regolamenti, norme o direttive; il fisco a 991; la sanità a 592; la zootecnia a 471 (non per dire, ma solo per la monta del toro e successive prassi sono in vigore 22 leggi e decreti. E poi dicono «furioso come un toro»); il lavoro a 461; la circolazione a 424; l’agricoltura a 461; le poste a 374; il commercio estero a 285; i vini e gli aceti a 229 e gli alimenti a 212.

Che l’attesa media per un provvedimento amministrativo è di circa sei mesi ma può arrivare a 3-5 anni. Che 28 sono mediamente le giornate perse dai cittadini per adempimenti burocratici e 194 quelle perdute da una impresa, per un costo stimato attorno ai 100mila euri. Ad azienda. Buon lavoro, ministro Brunetta.

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