Torino - Un sogno partito da Caracas e finito, nel peggiore dei modi, nell'ospedale infantile «Regina Margherita» di Torino: un luogo dove i bambini dovrebbero sentirsi, sicuri, protetti e dove invece un piccolo di 9 anni ha trovato la morte. Un paio di minuti di blackout all'impianto di erogazione dell'ossigeno, e per il bimbo venezuelano venuto in Italia per un trapianto di midollo osseo non c’è stato più nulla da fare. Una «disgrazia» avvenuta mentre i tecnici stavano lavorando all’impianto, ma su cui la magistratura ha giustamente già avviato un’indagine. Una tragedia che poteva addirittura assumere contorni ancora più drammatici: altri cinque bambini infatti - sempre per il medesimo «disguido» - sono rimasti senza ossigeno, ma gli infermieri sono riusciti con le bombole di emergenza a evitare il peggio.
L’ospedale ha subito ammesso le proprie responsabilità: «L'incidente è avvenuto all'interno della centrale di distribuzione dell'ossigeno dove probabilmente i tecnici stavano lavorando». Il bimbo vittima dell’«incidente» ed era da tempo ricoverato nel reparto di oncologia per una grave forma leucemica. La sua condizione richiedeva per la ventilazione una miscela d'ossigeno al cento per cento e i suoi polmoni erano già compromessi per questo la temporanea interruzione dell'erogazione dal sistema centrale gli è stata fatale. A far scattare l'emergenza sono stati sia il sistema d'allarme della rete di distribuzione dell'ossigeno, sia i macchinari che segnalano il livello di ossigeno nel sangue.
Il procuratore di Torino, Raffaele Guariniello, immediatamente avvertito dell'incidente, ha subito raggiunto l’ospedale con i carabinieri dei Nas per una prima ispezione; al loro fianco anche il direttore sanitario, Giuseppe De Intinis, che ha raccolto informazioni sulle possibili cause che hanno provocato l'incidente.
Secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa, il servizio di erogazione di gas medicali al Regina Margherita è appaltato a una ditta esterna già indagata da Guariniello. A quanto pare erano in corso lavori al sistema quando, per una causa ancora da chiarire (incidente o errore umano), la percentuale di ossigeno nell'impianto è calata bruscamente ed è rimasto in pratica quasi solo azoto nei tubi che portano alla Terapia intensiva e alle sale operatorie i gas.
Il piccolo di nove anni non è sopravvissuto alla miscela mortale mentre gli altri cinque - il cui quadro clinico era meno compromessi - sono stati salvati con le bombole di emergenza. «Un paziente cui viene somministrato ossigeno «normalmente può sopravvivere 10-15 minuti all’ interruzione dello stesso, nei pazienti gravi il tempo si riduce a pochi minuti», spiega Vincenzo Carpino, presidente del sindacato medici di anestesia e rianimazione Aaroi-Emac. «Un evento, quello occorso all’ospedale molto raro e inspiegabile - dice l’esperto -. Se è vero che erano in corso lavori alla centrale ci voleva più attenzione e prudenza, attrezzandosi in maniera tale da poter far fronte a eventi di questo tipo.
Un’attenzione che doveva essere doppia considerato che si trattava di un ospedale pediatrico». Purtroppo le cose sono andate diversamente. Alla magistratura il compito di accertare chi è come ha spezzato per sempre il sogno di un bambino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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