Tony Damascelli
Cè un momento in cui bisognerebbe dire basta. È arrivato a Torino. È arrivato in casa della Gea, sta per arrivare per Luciano Moggi. Momenti di svolta, anche per il calcio. La vicenda delle intercettazioni ha sollevato un polverone, secondo la lettura fatta da Antonio Giraudo, ma non è il caso di spazzare la stessa polvere nascondendola sotto il tappeto. La Juventus è da sempre al centro di discussioni e illazioni, le cimici hanno adesso smascherato comportamenti leggeri, disinvolti, sgradevoli, la giustizia ordinaria ha archiviato ma quella sportiva di questo si sta occupando, su questo emetterà un verdetto mentre la giustizia dei tifosi ha già firmato la sentenza. È una storia vecchia per casa Juventus, anche se qualcuno sostiene che una volta certe cose non si facevano, che il calcio era trasparente, pulito, corretto. Non cerano telefonini e nemmeno le intercettazioni eppure si diceva e si urlava che gli arbitri fossero venduti oltre che cornuti. La Juventus di oggi si accinge a cambiare pelle, personaggi e interpreti. È diventata scomoda ai suoi stessi inquilini.
Quando Giraudo sostiene che il carisma degli Agnelli non avrebbe permesso il coro di offese rivolte in questi anni alla squadra e ai suoi dirigenti ammette un limite clamoroso della strategia aziendale del club, forte nei bilanci, inesistente nel dialogo con lesterno, fatta eccezione con il mondo degli sponsor che garantisce denari ma anche servitù.
La conflittualità permanente con la stampa e i tifosi ha prodotto il risultato che alla squadra più amata dagli italiani abbia corrisposto la società più odiata dagli stessi. La Juventus è alla svolta: serve un garante che da quellambiente derivi ma non ne sia né complice né suddito. Serve un management che prosegua lopera avviata da Giraudo e i suoi collaboratori ma che sappia scrollarsi di dosso parentele, cortigianerie, complicità. Se la Gea ha deciso di sciogliere le file, a fine stagione, con i rampolli ognuno per la propria strada, a fine corsa (troppe inchieste, troppe perquisizioni), la società Juventus deve prepararsi a un cambio di forma e di sostanza. Anche perché risulterebbe inutile investire in allenatori e calciatori di livello tecnico e di peso finanziario per poi intossicare lo stesso investimento con le procedure e i comportamenti che conosciamo. È la domanda che dovrebbero porsi a Torino, nei momenti di silenzio stampa, ridicoli, ormai datati nel tempo e soprattutto inopportuni per un club che è quotato in Borsa.
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