Torna il negozio Olivetti di Piazza San Marco, capolavoro di Carlo Scarpa

Restaurato dalle Generali e messo a disposizione del Fai il celebre showroom dell’antica fabbrica di macchine per scrivere. Realizzato negli anni Cinquanta, fu progressivamente abbandonato. Oggi è stato recuperato come una straordinaria piccola passeggiata d’architettura

Torna il negozio Olivetti di Piazza San Marco, capolavoro di Carlo Scarpa

Nel palazzo delle Vecchie Procuratie, in piazza San Marco a Venezia, da oltre cinquant’anni esiste il negozio Olivetti, voluto nel 1956 da Adriano Olivetti che ne affidò progetto e realizzazione a Carlo Scarpa, uno dei grandi nomi dell’architettura del Novecento, sicuramente il più sensibile interprete della tradizione veneziana in un linguaggio moderno. Il committente non chiese un luogo dove vendere macchine da scrivere, ma uno spazio rappresentativo: e proprio questo fu il risultato, un felice luogo di esposizione, di riflessione, uno spazio articolato e ricco di materiali nobili e di dettagli costruttivi spesso sorprendenti. Il negozio seguì, negli anni, le vicende che scossero il gruppo di Ivrea. Fu, nel tempo, tenuto prima in un rispettoso limbo, poi chiuso, poi riaperto come squallida galleria d’arte affollata di orrendi multipli – che toglieva qualunque percezione del linguaggio elegante e silenzioso di Scarpa. Oggi, finalmente, - anche dopo un coro di voci indignate e preoccupate - è stato restaurato e riaperto al pubblico come piccolo museo, un vero gioiello. L’iniziativa è di tre soggetti. In primis, le Assicurazioni Generali, il padrone di casa proprietario di tutto il monumentale edificio affacciato alla Piazza, che si sono assunte l’onere del restauro e che hanno dato in comodato gratuito al Fai, il Fondo ambiente italiano, i locali che vengono quindi gestiti proprio da questo secondo soggetto. Terzo soggetto è la Olivetti, che mantiene nome e memoria storica nell’ambito del gruppo Telecom Italia, al quale appartiene al 100%; Olivetti ha messo a disposizione un certo numero di macchine per scrivere e calcolatrici d’antan, anni Cinquanta e Sessanta, che testimoniano per quale gamma di prodotti fosse stato creato questo prezioso involucro. E’ diventato proprio un museo, seppure piccolo: biglietto, custodi, pubblicazioni, c’è tutto. Ma non sono le Lettera 22 o le Divisumma l’oggetto dell’esposizione: sono il gusto e la qualità architettonica di Carlo Scarpa, che ha saputo ottenere in un ambiente infelice, lungo e stretto, divisioni di spazi e percorsi sorprendenti. Tutto un gioco di pieni e di vuoti, che ha la sua massima valorizzazione nella scala, a scalini smussati, differenti e disassati. Una passeggiata nell’architettura, tra materiali tipici di Scarpa: i mosaici colorati ma sobri, in piastrelline di vetro, per i pavimenti. La pietra d’Aurisina degli scalini e di ampie pareti. Il teck e il palissandro del piano superiore. Gli ottoni, i ferri e il loro intrecciarsi, anche col legno, quasi si trattasse di materiali unici.

All’ingresso, una grande scultura di Alberto Viani, perfettamente integrata nella levigatezza dell’ambiente, che si staglia in una fontana con un velo d’acqua realizzata su una piastra di marmo nero del Belgio. Uno spazio piccolo ma dai contenuti grandiosi. Un grande ritorno, una meta d’obbligo in più a Venezia per ogni appassionato di bellezza.

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