Letteratura

Torna il vero Dylan Dog. dopo l'incubo (reale) del politicamente corretto

Tiziano Sclavi riprende a curare le storie della sua creatura. E esce il libro di Giorello sulla sua filosofia

Torna il vero Dylan Dog. dopo l'incubo (reale) del politicamente corretto

Che cos'è un indagatore dell'incubo? Uno psicanalista esperto in brutti sogni, risponderebbe probabilmente Groucho, «l'assistente, amico e rompiscatole personale» di Dylan Dog, personaggio creato da Tiziano Sclavi nel 1986, eroe di punta dei fumetti della Sergio Bonelli Editore. Tradotto e pubblicato anche all'estero, portato più volte sul grande schermo, sarà a breve protagonista di una serie televisiva di produzione internazionale, a conferma del suo straordinario, potremmo dire quasi sovrannaturale, successo. Dylan Dog, ex-alcolista ed ex-poliziotto, è un investigatore specializzato in indagini che all'apparenza non hanno nulla di razionale, rivelandosi però, alla fine, semplicemente dei casi umani, a volte fin troppo umani. Infatti i mostri che popolano le sue storie - licantropi, vampiri, zombies, streghe e fantasmi vari - sono quasi sempre soltanto delle vittime, la cui unica colpa è non volersi omologare alla narrazione dominante.

Somigliante all'attore Rupert Everett, Dylan Dog indossa sempre una giacca nera sulla camicia rossa, con jeans e Clarks a completare un abbigliamento trasandato utile a collezionare una interminabile serie di conquiste che, con suo dispiacere, raramente durano più di una notte. Abbandonato quasi dieci anni fa dal suo creatore nelle mani di Roberto Recchioni, il personaggio Dylan Dog è stato appena ripreso sotto l'ala di Tiziano Sclavi, evidentemente insoddisfatto dai cambiamenti apportati dal nuovo curatore. Sembra che i lettori, infatti, non abbiano apprezzato, a giudicare dal calo delle vendite, il cedimento alle nuove mode all'insegna del politicamente corretto. L'anti-tecnologico Dylan, nella versione gestita da Recchioni, si munisce addirittura di un telefono cellulare e deve affrontare la sostituzione dell'Ispettore Bloch e dell'agente Jenkins, mandati surrettiziamente in pensione, con un poliziotto e una poliziotta musulmani e in un albo ridicolmente paradossale, Groucho e Dylan Dog celebrano un surreale matrimonio, e così via con cambiamenti che, a furia di snaturare il personaggio, hanno fatto franare, assieme all'universo dell'indagatore dell'incubo, anche le copie acquistate in edicola. Molti affezionati fan hanno preferito smettere di leggere un fumetto che non corrispondeva più ai loro gusti, o sono passati a surrogati, come il bimestrale Old Boy, che ha tenuto in vita il vecchio Dylan e in servizio l'Ispettore Bloch. Ora, con una trilogia di cui sono già uscite in edicola le prime due puntate, Dylan Dog torna alle origini: sembra infatti che questa decina d'anni sia stata solo un equivoco, o meglio, un incubo da cui noi lettori ci desteremo, ritrovando con l'albo n. 437 il vecchio e caro investigatore del sovrannaturale come lo avevamo conosciuto, senza più ammiccamenti alle mode fluide o colorate del momento, magari senza cellulare e con la riapparizione dell'Ispettore Bloch e del suo fidato Jenkins.

A farci apprezzare ancora di più quello che speriamo sarà un vero ritorno alle origini è La filosofia di Dylan Dog e altri incubi, di Giulio Giorello (Mimesis, pagg. 122, euro 12, nelle librerie dal 27 gennaio). Il noto filosofo della scienza scomparso un anno e mezzo fa era un appassionato lettore di fumetti e tra i suoi preferiti, accanto a Topolino e Tex, annoverava proprio Dylan Dog, noncurante dell'apparente contraddizione tra chi, come lui, insegnava il metodo scientifico e chi, come l'indagatore dell'incubo, si affida al suo «quinto senso e mezzo» per risolvere i casi più difficili. La filosofia, scrive Giorello, serve a vivere e ad abituarci a pensare, e quando Dylan Dog ci ricorda che il mondo è una scacchiera, e la nostra vita una partita con la morte, gioca con la filosofia che abbiamo studiato a scuola, rigirandola con il suo tipico gusto disincantato per l'ironia, facendo diventare interessanti le pagine dei ponderosi manuali che ci hanno annoiato da ragazzi.

E Giorello, come sanno bene i suoi studenti e tutti coloro che hanno avuto la fortuna e il piacere di conoscerlo e frequentarlo, amava l'ironia e l'anticonformismo, e non disdegnava mischiare il sacro con il profano, utilizzando i fumetti anche durante i suoi corsi universitari. In fondo, diceva ai suoi allievi, «lo scopo della scienza è spiegare il noto, e non l'ignoto...». Affrontare il mistero e l'irrazionale con l'apertura mentale e l'intelligenza emotiva che caratterizzano il detective del soprannaturale - ribadiva Giorello - aiuta a coltivare sempre il dubbio, strumento principale in dotazione a chiunque voglia interrogarsi sul senso del mondo e il significato della vita. Non dare niente per assodato, non arrendersi al conformismo imperante, vivere con disagio il mondo moderno, seguire l'anomalia, apprezzare la diversità: ecco che cosa ci insegna Dylan Dog, almeno nella sua versione tradizionale. Ricordando comunque sempre, come dice l'ineffabile Groucho, che «la vita è proprio come un film...

che ti rovinano dicendoti subito che, alla fine, il protagonista muore!».

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