PER TORNARE A CONTARE

Finalmente la politica estera ha fatto capolino nella campagna elettorale. L’ex ministro della Difesa nel governo Berlusconi Antonio Martino ha detto che il prossimo governo si disimpegnerà dal Libano, si impegnerà di più in Afghanistan e fornirà assistenza e istruttori all’Irak. Berlusconi ha integrato dicendo che se resteremo in Libano bisognerà cambiare le regole d’ingaggio. La sinistra allora si è aggrappata alle tende facendo la solita sceneggiata del deliquio stracciandosi le vesti. Io, che sono stato in parte un protagonista parlamentare della vicenda finalmente posso applaudire la mia parte politica e vorrei illustrare perché ciò che dicono Martino e Berlusconi è eccellente. Un anno fa riuscii a convincere Forza Italia a votare contro il rifinanziamento della missione in Afghanistan perché i nostri soldati non hanno armi e regole adatte alla guerra. E poi: è una pericolosa sciocchezza quella secondo cui la politica estera è una costante che lega governi di destra e di sinistra. È vero, per fortuna, il contrario.
La sinistra ha rotto drammaticamente quella continuità e ha creato una missione in Libano che fra le altre buone intenzioni ha quella di far gridare vittoria agli Hezbollah, umiliare Israele, mandare sottobraccio il ministro degli Esteri D’Alema con i meglio tagliagole del Medio Oriente. Inoltre D’Alema ha provocato oggi una reazione sdegnata del pur accomodante governo di Gerusalemme, quando ha invitato il premier Olmert a trattare con i nazisti di Hamas, coloro che vogliono l’eliminazione di Israele dalla carta geografica e la liquidazione degli ebrei.
Il prossimo governo deve dunque rompere in maniera netta con la linea del governo Prodi: una linea che ci ha buttato fuori dai posti decisionali della politica internazionale dove eravamo grazie alla politica estera di Berlusconi, Frattini e Fini. Per contare e per preservare la pace occorre inoltre una politica di alto profilo nella gestione della Difesa, sia dal punto di vista organizzativo che dell’armamento: niente forze armate efficienti, niente politica estera: la politica internazionale di Sarkozy è fondata prima di tutto sul prestigio e la qualità delle forze armate francesi.

L’Italia ha dunque il dovere di riacquistare il suo posto fra chi prende decisioni e il diritto a ridiscutere le decisioni passate, prendendone di nuove e di diverse. Anzi: che vadano in senso opposto a quelle della politicamente defunta tripletta Veltroni-Prodi-D’Alema.

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