«Per tornare grandi ci serve un mecenate»

Guerci: «La città ci aiuti, non esistono solo Milan e Inter. Il nostro è uno sport semplice, andare in battuta è come battere un rigore: sei solo contro tutti»

Ivan Guerci, 44 anni, 718 partite con il Milano fra il 1982 e il 2003: nessuno ha giocato in rossoblù più di lui. Guerci ha conosciuto i fasti dell'era Mediolanum e la serie B, le trasferte in aereo in Europa e quelle in auto a Legnano, i fuoriclasse e i ragazzini. A lui l'opportunità di soffiare sulle 60 candeline del Milano.
Cancelliamo la bugia del baseball sport enigmatico?
«Basta ricordare che chi ha il guanto difende, chi ha la mazza attacca. Le regole-chiave sono quattro o cinque, le sfumature si apprezzano dopo. Come in altri sport».
Si ricorda la prima partita giocata?
«Trasferta a Roma, avevo 14 anni e feci una battuta valida. Ero in un'altra squadra milanese, la Mars. All'epoca, nel mio quartiere, non lontano dal Kennedy, si giocava per strada, ai giardinetti. Leggevamo tutti un libro, “Gigi Cameroni vi insegna il baseball”».
Il meglio e il peggio di una vita al Milano?
«Il meglio, la coppa Coppe vinta in Svezia nel 1991 con una mia valida decisiva. Il peggio, la scomparsa di Robert Fontana, milanese ed ex-giocatore del Milano, nel maggio scorso».
Un’occasione persa dal baseball in città?
«L'A2 disputata dal Milano insieme all'Ares di Elio e Faso, fra il 2001 e il 2002 e gestita male».
Meglio un mecenate che porti Milano in A1 o un vivaio più ampio?
«Meglio un mecenate, perché il vivaio cresce di conseguenza. Va bene formare i giovani ma se li vogliamo pronti per l'A1 devono poter fare gavetta in un organico di A1. Poi, chi vale emerge».
Cosa può chiedere il Milano alla città?
«Più attenzione da parte dell’assessore allo Sport.

Non ci sono solo Milan e Inter, sono tante le realtà meno forti da aiutare».
Il bello del baseball?
«Insegna il senso di responsabilità. Andare in battuta, soli contro tutti, è come battere un rigore. E in battuta ci vai più di una volta a partita».

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