Anni Ottanta, mai finiti, mai dimenticati. Quando arrivarono, i soliti soloni alzarono il sopracciglio e si inventarono formule per denigrarli. Anni dopo, come al solito, li sdoganarono anche nella versione più casereccia ed edonista. Perché in fondo, quella voglia di spassarsela era ancora ingenua, parecchio materialista sì, ma anche liberatoria dopo gli impegnati, plumbei, pallosissimi anni Settanta. In quell'angolo di anni Ottanta - un bell'angolo spazioso, a dire il vero - c'era anche lui. Con la sua faccia da fumetto dannatamente simpatica, forse non da Nobel per la fisica, ma amatissima: Jerry Calà era, per l'italiano comune di una certa (giovane) età, l'amico con cui si sarebbe voluto andare in vacanza. Per crepare dal ridere fino al ritorno a casa.
Per Jerry quegli anni Ottanta sono ancora ben vivi, tanto che da diversi anni l'artista veronese (adottato da Milano), classe 1951, porta in giro per l'Italia - insieme con una fidata band, i Turno Notturno - un suo «one man show», fatto di ricordi, gag e tanta musica, tra divertimento e ironia. A coronare una carriera ormai ultratrentennale che dalle tavole del Teatro Derby e del cabaret lo ha visto sempre protagonista via via fino alla macchina da presa: davanti, nel ruolo di attore, e dietro, in quello - più recente e attuale - di regista.
Domani, Jerry Calà sarà alla discoteca Karma di via Fabio Massimo (ore 23, ingresso 20-15-euro), per una sorta di prove generali prima di una tournée che, questa estate, lo porterà in giro per lo Stivale. Senza dimenticare gli storici appuntamenti settimanali alla «Capannina» di Forte dei Marmi, un passaggio obbligato. Da quattordici anni, infatti, ogni mercoledì di luglio e agosto, sold out fisso. «Ho superato i record di Mina», sorride divertito. Jerry Calà, qualche mese fa era al Teatro Manzoni per una serata benefica nella quale ha portato brani del suo show. Oggi ritorna.
Milano per lei resta importante...
«Il mio cuore è equamente diviso tra Verona, dove vivo da molti anni, e Milano, la città che mi ha dato tantissimo. L'idea è quella di trasferirmi qui con tutta la famiglia: ho già preso un appartamento in centro. Milano e gli anni Ottanta, il mio periodo magico, fanno rima da sempre. Si può dire che Milano è stata la capitale di quel decennio, perlomeno per noi italiani. E quando dico Milano, dico anche i miei anni al Derby, anni di gavetta indimenticabili».
Nel suo «Jerry Calà Show» in scena al Karma la si butta sulla nostalgia, dunque?
«Nostalgia sì, ma non fine a stessa. E per dirla tutta, basta vedere quanti giovani vengono ai miei spettacoli. Non hanno vissuto gli anni Ottanta e sono assetati dei racconti su quel periodo. Comprano i dvd dei miei film, mi tempestano di domande. Nello show racconto la mia carriera, il rapporto fondamentale con la musica a partire dai Gatti di Vicolo Miracoli per giungere poi al cinema, a film come Sapore di mare, dove la musica era fondamentale, protagonista insieme con gli attori. Si va dai classici italiani anni '60 alle hit anni '80. Non mancheranno le gag e i miei tormentoni. Ovviamente non posso non cantare Maracaibo!».
A proposito di tormentoni: il suo «libidine!» può essere considerato il padre di tutta la categoria...
«Infatti, quando vedo gli stormi di comici che dal palcoscenico di Zelig cercano il tormentone perfetto, capisco che un po' di scuola l'ho fatta anch'io...».
Ma di quegli anni '80 salva tutto, o ha qualche riserva?
«Per me sono stati anni magici, salvo tutto. Senza dubbio sono successe anche cose drammatiche, in Italia e nel mondo, ma alla fine la gente tende a ricordare con più intensità le cose positive. Altro punto: anche gli eccessi di ieri oggi fanno sorridere. Forse è anche per rivalutarli che ho girato un film, nel quale sono solo regista, dal titolo Pipì-Show. Ho appena finito il montaggio: è ambientato nel mondo delle discoteche italiane, il titolo si riferisce ai bagni di questi locali, dove succede di tutto. É un affresco vero, e che farà discutere, sui giovanissimi di oggi, un po' allo sbando, cresciuti senza voglia di conquista e cullati nella noia».
Ahia, è quello che si diceva dei giovani degli anni '80...
«Sì, ma basta fare un confronto. I giovani artisti di quegli anni erano sì aiutati dalla tv, ma comunque venivano dalla gavetta.
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