Torturato e privato di «tutti i diritti più semplici e fondamentali». Picchiato e rinchiuso in «gabbie molto piccole e all'aperto» con «un materassino basso per dormire, una coperta, un secchio per i bisogni ed uno per l'acqua da bere». E poi gli interrogatori a cui è stato costretto e nei quali, se non parlava, veniva minacciato di «abusi sessuali da donne e da uomini». È il racconto reso, per la prima volta alla magistratura italiana, sul trattamento subito da un ex detenuto di Guatanamo, consegnato lo scorso novembre agli inquirenti milanesi in base a un accordo tra il governo di Barak Obama e quello di Silvio Berlusconi. È una descrizione lucida e dettagliata quella di Riadh Nasri, uno dei tunisini giunti a Milano tra novembre e dicembre dell'anno scorso dalla prigione Usa a Cuba, durante i quattro interrogatori che si sono tenuti tra novembre e marzo davanti al pm Elio Ramondini e al gip Guido Salvini. Nasri, ora in cella a Opera, è uno dei destinatari di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere del 2007, mai eseguita perché lui, accusato di far parte di un cellula estremista salafita, era formalmente latitante. Dai verbali degli interrogatori depositati con la recente chiusura delle indagini, esce un quadro della vita di Nasri, che è difeso dall'avvocato Roberto Novellino. È il racconto dei suoi oltre 8 anni di prigionia a Guantanamo. Arrivato dalla Tunisia a Bologna nel '94, pochi mesi dopo partì per la Bosnia per combattere. Rientrato di nuovo nel capoluogo emiliano, sparì dopo l'attentato alle Torri Gemelle: venne catturato dagli afghani dell'Alleanza del Nord nella sua casa in Afghanistan, dove si era sposato e aveva avuto una figlia, e «consegnato vivo agli americani». Da lì i trasferimenti, con le prime torture, in un carcere a Kabul, in una cella dove non c'era spazio «per distenderci tutti (...) per cui dormivamo a turno» e dove cominciarono anche gli interrogatori per sapere «se facevo parte di Al Qaida. Venivamo picchiati per farcelo ammettere». Poi ancora, prima di essere portato a Guantanamo, le tappe alle basi militari di Bagram (c'erano «recinti di filo spinato» con cartelli che si riferivano ad alcuni attentati subiti dagli americani, tipo «11 settembre» o «Kenia») e di Kandahar («ci buttarono subito dell'acqua sui piedi nudi per farceli ghiacciare e impedirci di camminare»). A Cuba, nella baia di Guantanamo, «l'accoglienza fu molto "calorosa", nel senso che fummo trattati molto rudemente. Ci perquisirono anche ostentatamente nelle parti intime per umiliarci. (...)». Durante il trasferimento, su un bus, alla base «dovevamo restare legati mani e piedi con una catena e guardare verso il basso, senza muoverci». Là Nasri, secondo il suo racconto, è rimasto per oltre otto anni: durante i circa «150 interrogatori» non è stato picchiato ma ha subito «molte minacce (...). Venivo raggiunto da una persona che mi diceva che se non parlavo sarei stato rimpatriato in Tunisia o che mi avrebbe fatto subire abusi sessuali da donne e da uomini». Ma non sono mancate anche le torture: per due volte «mi hanno legato con le mani ai piedi con una cuffia in testa facendomi sentire, per più di 20 ore consecutive della musica da discoteca ad alto volume». E poi nelle celle veniva «alzata la temperatura dell'aria condizionata per alcuni giorni fino a far sudare le pareti (...)» e poi veniva abbassata «facendoci soffrire il freddo».
Per questo ora, ha spiegato, «non sento più bene da entrambe le orecchie» e per la continua esposizione alla luce artificiale «non vedo più bene». Inoltre «ho perso dei denti», per via dei farmaci di cui aveva bisogno e che invece «mi toglievano».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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