Tosse Il «Fantoccio» dei bravi esordienti

Un palcoscenico buio dove vagano personaggi-ombre che sembrano fantasmi per condurre in un viaggio inziatico il protagonista che nel luogo sacrale del palcoscenico risveglia i suoi conflitti interiori. Un testo, «Il fantoccio» di Marco Manchisi, che nasce dal mito della caverna di Platone, in cui la scena ha la funzione di un antro nel quale gli attori abitano come trattenuti da una forza maggiore che li lega e costringe a vivere nascosti per rifuggire la vita esterna. Lo spettacolo la cui regia è sempre dell'autore Manchisi si serve della buona capacità degli attori di usare il proprio corpo come veri e propri fantocci, i cui gesti e azioni sono pilotati da un burattinaio interpretato dall'autore-regista, il quale anche lui vive in quell'antro che è un teatro fatiscente destinato ad essere abbattuto. All'arrivo di un uomo che viene dal mondo di fuori tutta la compagnia di fantocci si sente come rivitalizzare e si adopera nel più inquietante dei modi a condurre il poveretto in un percorso psicologico complesso e tormentato, ma che alla fine sarà per lui liberatorio. La sala Dino Campana della Tosse ha lo spazio scenico giusto per la rappresentazione di Manchisi che vede impegnati i giovani attori della Compagnia della Tosse nel secondo spettacolo che fa parte del progetto triennale «Facciamo teatro insieme» a cura di Massimiliano Civica.

Sono bravi questi giovani attori in cui si riscontra anche una pregiata fisicità espressiva, così come non si può non elogiare l'interpretazione di Alberto Bergamini nel ruolo del povero malcapitato in teatro. Lascia invece alcune perplessità il testo che vede un'ulteriore espressione di «teatro nel teatro» che, oltre a non essere cosa nuova, non convince appieno. Lo spettacolo sarà in scena fino a giovedì.

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