Totò, bomber d’Europa: «Io con Messi e Ronaldo»

Scusi Totò, meglio di lei solo la pulce e l’automa, mica male... «È di grande orgoglio essere alle spalle di due campioni come Messi e Cristiano Ronaldo. È gente di classe infinita che gioca in grandi club. Aver segnato quasi quanto loro mi gratifica moltissimo ma è una gioia che devo condividere con gli altri. È merito di tutti se riesco a trovare la porta così frequentemente».
Vabbè è dovuto, quasi scontato, sei lì in cima e non puoi dimenticarti che si gioca in undici, eppure Antonio Di Natale, entroterra napoletano, 34 anni fra un po’, è straamato e mica deve ungere qualcuno. Più invecchia e più i muscoli gli danno soddisfazione, ha vinto la classifica cannonieri lo scorso anno e i bookie puntano forte su di lui anche per questa stagione, bancato a 1,72 contro i 2,55 di Cavani, Eto’o a 5,5. La rivince. Segna più adesso da trentenne che prima, sinistro, destro, rovesciata, rigore, punizione, su avvitamento, contorsione, sdraiato, il 24 gennaio gli hanno dato l’Oscar, miglior cannoniere, miglior giocatore, premio Fair play, un mese dopo ha segnato la terza tripletta stagionale a Palermo, tre lui e quattro Sanchez, uno più basso dell’altro, uno spettacolo. E poi non è uno che fa gol così, Totò ha una sua etica: «Io quando gioco contro una grande devo segnare e basta, Inter, Milan, non fa differenza, queste grandi devono soffrire».
A San Siro si sente a casa, ne ha realizzati 7, col Milan ha un conto in sospeso, gliene ha fatti 8. Alla Juve non c’è neppure voluto andare: «Altrimenti dicevano che il Napoli l’avevo rifiutato e invece con la Juve... Questa Udinese è più forte. L’Inter è forte ma l’Udinese di questa stagione è più forte. E poi mica mi ha cercato solo la Juve».
Deve avere una idiosincrasia per le grandi, gli fanno sangue, napoletano dentro, quando ha sbagliato quel rigore agli Europei del 2008 contro la Spagna, ha avuto paura che lo spedissero nuovamente in cantiere: «Intanto quando l’allenatore mi ha chiamato per tirarlo, dentro di me mi sono chiesto perché non avesse preso un altro. Poi quando ho visto il portiere che lo parava e sono partiti fischi e cori mi sono detto: ora me ne vado a lavorare di nuovo, a fare il muratore come quando stavo a Napoli».
Napoli ce l’ha dentro: «Sono rimasto un tifoso, spero che arrivi più in alto possibile, anche se quest'anno il gol più bello l'ho realizzato proprio al Napoli». Si mette a raccontarlo e te lo fa rivivere dalla sua postazione: «Ho intravisto uno squarcio di porta e non ci ho pensato due volte. Ho calciato un esterno destro da oltre venti metri sotto l'incrocio dove De Sanctis non poteva arrivare. Importante e bello. Siamo andati sul 2-0 e all’intervallo siamo entrati nello spogliatoio tranquilli».
Lui così, la moglie meglio: l’ha incontrata che aveva 19 anni, giocava nella primavera dell’Empoli e lei quel giorno lo racconta così: «Non sapevo neppure che cosa fosse il calcio, mi dicono che voleva conoscermi e mi venne un dubbio: ho una sorella gemella, non è che si stava confondendo? Totò mi rispose che per lui non faceva differenza, così mi sono sacrificata... ma sto scherzando, dai». Comunque non si sono più mollati, una storia lunga come questa con l’Udinese, gente a una spanna dal paradiso ma con i piedi per terra: «A Udine sto bene e voglio chiudere qui la carriera». In campionato 219 presenze e 106 gol , settima stagione consecutiva, in totale è a 197 reti in carriera, ancora tre e arriva a duecento, allora chissà Udine cosa tira in piedi.

Gente attaccata alla squadra come neppure al Sud, si identifica, ci sono emigranti che rientrano e la prima cosa che fanno è recarsi in sede come a un pellegrinaggio. Ma di Champions non si parla, anzi se qualcuno vuole farsi qualche amico in città vada pure in giro a fare domande sull’argomento, e anche qui è probabile che ci sia la mano del napoletano Totò.

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