Il toto-banche «scalda» Piazza Affari

La Consob chiede lumi a Pop. Verona: «Contatti ma nessuna ipotesi sul prezzo»

Massimo Restelli

da Milano

«Effetto» Bernanke in Piazza Affari che, con un pizzico di quell’incostanza tipica delle passioni estive, ha accantonato il filone Olimpia-Telecom e quello energetico per tornare a scommettere sull’evoluzione del sistema creditizio nazionale. Abbastanza, complice qualche operazione di riposizionamento e di arbitraggio impartita alle sale operative, per spingere al rialzo le migliori firme della finanza italiana: da Intesa (più 2,2%) a Capitalia (più 2%), da Mediobanca (più 2,6%) a Sanpaolo-Imi e Unicredit (entrambe hanno guadagnato l’1% circa). Una situazione simile a quella verificatasi mercoledì nel resto d’Europa, persuasa che i segnali dell’economia Usa consiglieranno di allentare la politica di rialzo dei tassi di interesse.
Variabili macroenomiche a parte (più 0,4% l’indice S&P Mib), il primo punto fermo nei rapporti di forza tra le grandi banche dovrebbe essere posto da Capitalia: il patto è disdettabile entro il 15 settembre ma Abn Amro dovrebbe confermarsi nella veste di grande azionista. Una mossa con cui Amsterdam eviterebbe il probabile affacciarsi di un altro concorrente internazionale e «ricambierebbe» i consigli ricevuti dal presidente Cesare Geronzi nel corso della dura battaglia ingaggiata con Popolare Italiana per il controllo di Antonveneta.
A quel punto resterà da capire come evolve il «gioco delle coppie» tra Intesa e Sanpaolo: qualche abbozzo per l’asse Milano-Torino c’è stato ma molto dipende dalle scelte di Mps (più 0,2%) sotto la presidenza di Giuseppe Mussari. Almeno sulla carta appare, invece, più rapido il processo di consolidamento del mondo cooperativo che a fine agosto vedrà Bpi (meno 0,7%) scegliere se procedere o no nella ricerca di un compagno. Bpvn (meno 0,6%), Bper e Bpu hanno dichiarato il proprio interesse ma grazie alla rete diplomatica stesa dal presidente Roberto Mazzotta, Bpm (più 0,6%) è apparsa fin dall’inizio favorita: l’ipotesi è un’offerta carta contro carta con cui creare una holding comune.
Vantaggio che potrebbe però essere annullato da Popolare di Verona la cui alleanza con Lodi assicurerebbe, secondo alcune banche d’affari, le maggiori sinergie potenziali. Pressato dalla Consob dopo due giorni sull’ottovolante, il gruppo presieduto da Carlo Fratta Pasini ha chiarito di non avere formulato alcuna «ipotesi di concambio» con Bpi. Verona ha precisato di giudicare «congetture» le voci sul supposto progetto di aggregazione che, tra contanti e azioni, valorizzerebbe 11-12 euro ogni titolo lodigiano. I contatti, però, proseguono in parallelo al lavoro del gruppo (che starebbe anche per espandersi in Ungheria) impegnato a corteggiare Cattolica Assicurazioni.

La decisione è attesa a settembre così come quella di Popolare di Intra che a metà del prossimo mese vedrà Popolare Vicenza, Veneto Banca, Creval, Bper e, ancora una volta, Bpvn presentare le proprie offerte vincolanti.

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