Roma - Nel toto-ministri spunta anche un’ipotetica «staffetta» e un brevissimo interim; soprattutto se Prodi insiste nella sua volontà di nominare il nuovo commissario europeo, al posto di Franco Frattini. La «staffetta» potrebbe servire per superare l’impasse legata alle presidenze della Regioni Lombardia e Veneto, che la Lega chiede a gran voce (soprattutto il Pirellone). L’ipotesi sarebbe stata sventolata - nelle segrete stanze - per spingere la Lega a rinunciare ad aspirazioni ministeriali. E presupponeva che Formigoni restava fino a scadenza naturale. Un ministero «di peso» (Giustizia od Istruzione) verrebbe assegnato a Roberto Castelli, e fra due anni avverrebbe lo scambio.
Ora, però, Formigoni annuncia: stiamo ragionando su una presidenza Castelli alla regione Lombardia. Segnale che dovrebbe essere seguito da un contenimento delle richieste ministeriali della Lega (quattro dicasteri), viste le sue dimissioni immediate. Diverso il discorso dell’interim brevissimo: si parla di 24 ore. Fino al 29 aprile, data di insediamento delle nuove Camere, Prodi ha il potere di nominare il successore di Franco Frattini che i bookmaker di Palazzo indicano come ministro degli Esteri. Il problema è che senza le sue dimissioni da commissario europeo (annunciate, ma ancora non date) l’attuale governo non può nominare il successore. Per superare l’impasse, gira voce che Berlusconi potrebbe assumere ad interim la Farnesina. Frattini a quel punto si potrebbe dimettere da commissario così che il suo successore può essere indicato dal nuovo esecutivo. Bizantinismi necessari per superare la volontà di Prodi di voler nominare autonomamente il nuovo commissario Ue.
Al momento, le uniche caselle occupate «sicure» sono quelle di Giulio Tremonti all’Economia e di Gianfranco Fini alla presidenza della Camera. È lo stesso presidente di Alleanza nazionale a dire che «probabilmente» sarà lui il prossimo presidente di Montecitorio. Certo anche l’ingresso di Gianni Letta, come vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno. A cui punta però anche Maroni. Esclusa la presenza - a livello ministeriale - di figure «tecniche». Più probabile, invece, che scelte del genere ricadano sul delicato incarico del sottosegretario alla presidenza del Consiglio: un ruolo che richiede una profonda conoscenza dell’amministrazione (gestisce l’agenda del Consiglio dei ministri) e della presidenza del Consiglio.
Il borsino quotidiano vede scendere le quotazioni di Giulia Bongiorno alla Giustizia, e salire quelle di Alfredo Mantovano.
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