È il bello delle corse a tappe, soprattutto quando sono allinizio, quando sono così dure: mai darsi per vinti. La parola dordine è «chi la dura la vince». A Super-Besse ho fatto la figura di chi non sa stare con i migliori, a Cholet sono passato per essere uno dei fenomeni: la verità, come spesso accade, sta nel mezzo. Sto bene, ma posso e devo migliorare ancora. Soprattutto gli arrivi così di potenza e non di resistenza io ho sempre faticato a digerirli e anche ieri mi è rimasto proprio sulle stomaco e nelle gambe.
Quindi? Direte voi. Quindi si va avanti, consapevole di aver fatto un ottimo lavoro di base, di stare bene e di non essere assolutamente battuto. Le corse come il Tour sono manifestazioni che premiano la regolarità, la forza e il fondo: io penso di essere in possesso di tutti e tre i requisiti fondamentali. Certo, mi spiace più per la mia squadra che per me. Perché io so perfettamente dove posso arrivare, mentre i miei compagni si preoccupano. Ieri sera, infatti, li ho chiamati tutti dopo cena per una bella chiacchierata. Ho spiegato le mie sensazioni, quello che avevo provato in corsa, quando sin da metà corsa ho avuto sensazioni non buonissime: mi mancava brillantezza e ho spiegato le ragioni.
Credo di essere stato esaustivo, di averli convinti della bontà delle mie motivazioni. Se non fossi convinto delle mie idee, starei zitto. Una cosa che non sopporto e prendere in giro chi è qui a lavorare per me. Non sono il tipo che trova scuse o attenuanti in tutto: sono uno molto diretto. Sto bene, e so che la corsa potrà darmi più avanti indicazioni molto buone e per me questo Tour non può che migliorare, fin da Hautacam, lunedì prossimo. Nella quiete di Issoire, allhotel Pariou posto in boulevard Kennedy ci siamo guardati dritti negli occhi e ci siamo capiti.
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