Il «bonus bebè» introdotto dal comune di Tradate (Varese) è discriminatorio non solo perché, come già analoghe delibere bocciate da diversi giudici, esclude i figli di cittadini stranieri, ma perché emargina persino i bimbi italiani figli di coppie miste. Lo affermano in un ricorso depositato oggi contro l'amministrazione comunale nella persona del sindaco tre associazioni impegnate contro le discriminazioni sociali. «Il requisito richiesto - si legge nel documento - è quello della cittadinanza di italiana "di entrambi i genitori", sicché restano esclusi dal beneficio persino bimbi di cittadinanza italiana per il solo fatto di avere una connotazione etnica particolare (la pelle un pò olivastra, gli occhi un pò a mandorla ecc.) derivante dalla nazionalità non italiana dell'altro genitore. E non solo: la limitazione costituisce una forma di sanzione per il cittadino/a che abbia sposato una straniera/o (e che, per questo solo fatto, si trova in una situazione di svantaggio sul piano della assistenza ai figli e del sostegno alla natalità) e dunque una forma di incentivazione per i "matrimoni nazionali" a discapito di quelli misti». Nel ricorso al vaglio dei giudici del lavoro del tribunale di Milano, l'Associazione studi giuridici sull'immigrazione, Avvocati per niente onlus e Farsi prossimo onlus segnalano che la delibera del 2007 con cui il consiglio comunale di Tradate ha determinato i criteri per l'erogazione di un assegno da 500 euro a beneficio dei genitori di ogni nuovo nato o adottato nell'anno in corso è discriminatoria nella parte in cui prevede la «cittadinanza
italiana di entrambi i genitori». Perché se è vero che uno straniero sposando un italiano ha diritto a vedersi riconosciuta la cittadinanza del coniuge, è anche vero che oggi l'iter burocratico può partire solo dopo due anni di matrimonio e ancora passa del tempo prima che giunga al termine, spiega l'avvocato Alberto Guariso, che assiste i ricorrenti insieme a Livio Neri. E se un principio è un principio, bisogna dire che il problema è anche pratico, dal momento che l'erogazione del bonus è stata prorogata. Per questo motivo, vista caduta nel vuoto la diffida inviata al Comune lo scorso 10 maggio, oggi le associazioni hanno passato la palla ai giudici, ricordando come la questione sia già stata affrontata con pronunce che hanno dichiarato il comportamento discriminatorio in relazione ad analoghi o simili provvedimenti dei comuni di Brescia, Palazzago e Brignano (Bergamo) e Sondrio. «Basterebbe dunque rinviare a tale "granitico" orientamento giurisprudenziale (che allo stato non vede alcun precedente contrario) - scrivono i legali nel ricorso - per chiudere il discorso, salvo rilevare questo sorprendente e totale disinteresse di una amministrazione comunale per le decisioni dei giudici della Repubblica, che certamente le erano da tempo note (e comunque le sono state segnalate con la citata lettera)». Da ultimo i ricorrenti contestano la decisione di consegnare l'assegno durante la Festa del bambino come si legge sul sito del Comune nella sezione «Crescere... un Bene Comune» con «conseguente e clamorosa visibilità della "premiazione" di quanti abbiano avuto cura di concepire tra autoctoni e con conseguente esclusione dei bambini stranieri da quelli festeggiati con l'attribuzione del premio». Secondo i legali, «davvero si fatica a immaginare un provvedimento che abbia una connotazione etnica e razziale più forte di questo».
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