Cultura e Spettacoli

La tragedia dell'islam è la mancata distinzione fra religione e politica

Maometto cominciò per dare una coscienza religiosa agli arabi e finì per dargliene una politica. La tragedia del mondo arabo è tutta qui

Ora io mi chiedevo, appunto perché sentissi questa qualifica di arabo, non dirò certo come una condanna, ma come un muro chiuso, come un limite quasi invalicabile. Forse che mi metterei a credere alle razze e a discriminare le persone secondo il colore della pelle? Ma porre questo interrogativo era altresì tendere a se stesso un ricatto: il ricatto per cui, partendo da una generica quanto doverosa dichiarazione di principi, si volesse poi far tabula rasa della storia. Nessuno è meno razzista di me, ma non per questo potrei negare la realtà storica di un mondo arabo in cui prende consistenza anche la razza araba, non come sangue o colore della pelle, ma come facies culturale e dunque storica. Quello che connette e cementa gli arabi è la storia, non il sangue e nemmeno il colore, se è vero che per lo più negli arabi confluiscono tante specie, non meno che nei popoli europei, tolti i beduini, forse, che appunto per questo si trovano ancora allo stadio più basso della civiltà, a quello iniziale del nomadismo. Ciò che conta è la vicenda storica, negli arabi particolarmente intessuta da una speciale confessione religiosa che dà uno status comune, più forte e sentito, forse, che in qualsiasi altra fede o religione. Quindi, più che sull'essere arabo, la domanda va portata sull'essere maomettano. Maometto cominciò per dare una coscienza religiosa agli arabi e finì per dargliene una politica. La tragedia del mondo arabo è tutta qui. Perché tragedia è e rimane, in atto come nessun'altra. Quella dei negri d'Africa e d'America non esiste, appetto agli arabi. Il trapasso da un acceso fanatismo religioso a una coscienza politica non avvenne cioè per lenta catarsi del sacro nel profano, per una progressiva presa di possesso dell'intelletto sul sentimento: semplicemente il trapasso non avvenne mai, perché sulla base del Corano lo Stato si pone di colpo come città di Dio. Ciò era molto più grave della riunione primitiva del potere civile e dell'autorità religiosa in una stessa persona, poiché stabiliva una continuità costante del cielo con la terra, e conferiva una colorazione religiosa a qualsiasi attività civile. (...) La rozza semplificazione di Maometto riportava tutto indietro di mille anni, riportava alla indistinzione di fato, potenza divina e volere umano, confondeva di nuovo la preghiera con le pratiche igieniche, la giustizia con la forza, la morale con il sesso. (...

) Che questa morale embrionale, questo diritto rude, questa acquiescenza totale al volere divino (è quanto significa la parola Islam) rappresentassero la sola istituzione possibile, la sola elevazione accettabile per un popolo barbaro come era l'arabo, si può concedere senza sforzo: che in ciò si possa vedere una sublimazione e un superamento della concezione cristiana, è assurdo.

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