«La trattativa è aperta» Su Fiat-Chrysler ultima parola a Obama

Al di là di quanto riferirà oggi Sergio Marchionne, prima al consiglio di amministrazione, quindi nella conference call con gli analisti e alla fine incontrando i sindacati, sull’operazione Fiat-Chrysler la certezza è una sola: l’auspicato via libera alle nozze arriverà dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. E la stessa Casa Bianca, a una settimana dalla scadenza dei termini, potrebbe anche fare la voce grossa soprattutto nei confronti delle banche creditrici, che non hanno avuto remore, nonostante i miliardi di dollari erogati da Washington, a tenere il tiro sempre alto. Ieri, intanto, si sono susseguite da Detroit voci sul raggiungimento di un accordo tra Chrysler e sindacato canadese, quello che nelle scorse settimane ha sempre respinto ogni ipotesi di riduzione del costo del lavoro. Un portavoce di Fiat ha negato una soluzione della querelle in corso, precisando che «la trattativa è totalmente aperta». Poco prima il segretario nazionale di Fim-Cisl, Bruno Vitali, aveva invece detto che «l’accordo è pronto e che per l’annuncio sarebbe questione di ore», per poi parlare di «forte pressing perché il tutto si chiuda positivamente». In attesa di conferme, direttamente dalle organizzazioni dei lavoratori, resta sempre da superare lo scoglio delle banche. Queste ultime avrebbero presentato una nuova proposta al Tesoro Usa che prevederebbe la rinuncia a 2,4 miliardi di crediti (su 6,9 miliardi) in cambio di una quota di minoranza, pari al 35-40% in Chrysler, oltre a un impegno di capitale da parte di Fiat. Ipotesi, però, che il Lingotto ha sempre respinto.
Nelle cinque pagine consegnate lunedì al Tesoro, i creditori respingono la richiesta del governo di ridurre il debito dell’85% e avanzano la loro, mettendo in evidenza come l’impegno nei confronti degli azionisti sia di recuperare il massimo. Spiegano, in pratica, che in caso di bancarotta di Chrysler potrebbero arrivare a recuperare almeno il 65% del loro investimento. «La nostra speranza è che questi creditori - ha replicato un funzionario della Casa Bianca - assumano una posizione più costruttiva nei prossimi giorni, che rifletta l’attuale situazione cui loro e la società si trovano confrontati». È un’affermazione che prepara probabilmente il terreno a un intervento più deciso (e forse risolutore) di Obama il quale ha tutto l’interesse di creare, attraverso l’operazione Fiat-Chrysler, un importante modello di business per gli Usa, con la nascita di una società in cui sono presenti gruppi industriali, sindacati, Stato e, con le dovute rassicurazioni, anche le banche. Intanto, a far salire la temperatura (e a generare confusione) si sono messi anche gli analisti: «Chrysler - secondo Michael Robinet (Csm Worldwide) - ha il 95% di probabilità di cadere in bancarotta»; mentre per gli esperti di Sanford C. Bernstein, «Fiat potrebbe mettere sul mercato le controllate Cnh e/o Iveco per poter finanziare l’operazione». A Milano, intanto, le notizie contrastanti sulla fase finale della trattativa con gli americani non hanno inciso sul titolo Fiat che ha guadagnato, in linea con lo Stoxx europeo, il 2,6% a 7,47 euro. Oggi intanto il cda del Lingotto farà conoscere l’entità dell’impatto, sui conti del primo trimestre, del momento più critico della crisi economica e finanziaria. Nuove conferme, infine, sui colloqui tra Fiat e Opel.

Ai primi riscontri ufficiali da parte della casa tedesca, riportati ieri dal Giornale, si aggiungono quelli di Ray Young, cfo di Gm, il quale non ha escluso una possibile intesa con Fiat.
Da parte sua Gm non riuscirà a ripagare crediti per un miliardo di dollari alla scadenza del primo giugno e avrebbe così intenzione di presentare una proposta di riconversione del debito.

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