Trattato di Bengasi, svolta storica per le Pmi italiane

da Milano

Più petrolio e più gas. Ma non solo. Lo storico «trattato d’amicizia», firmato il 30 agosto scorso a Bengasi dal premier Silvio Berlusconi e da Muammar Gheddafi, chiude la pagina coloniale e apre le porte al made in Italy. In particolare nei settori della meccanica e dei beni di consumo, del turismo, dell’agroalimentare, delle costruzioni. Spariscono di fatto le limitazioni e gli oneri specifici per le aziende italiane che vogliano investire in Libia. E sparisce anche l’inutile Agenzia italo-libica istituita nel 1998, ma che non ha mai funzionato.
Sono poi in corso accordi negoziali per i crediti che le aziende italiane vantano nei confronti del governo libico e che ammontano a circa 650 milioni di euro. Sono questi, in sintesi, alcuni punti dell’accordo suddiviso in 3 capitoli e 23 articoli. Il trattato (diventerà legge dopo la ratifica del Parlamento) contiene una serie di principi generali sui rapporti tra i due Paesi e sulle nuove opportunità per le aziende italiane che operano in Libia.
Accordi economici. È il capitolo più importante in tema di imprese e sviluppo economico. L’articolo 8 prevede, infatti, il pagamento da parte del governo italiano di 5 miliardi di dollari in rate da 250 milioni per 20 anni mentre l’articolo 9 obbliga la Libia a «eliminare procedure e regolamenti che ostacolino le aziende italiane». Tutto questo, secondo l’avvocato Paolo Greco, da oltre 7 anni a Tripoli e socio dello studio legale Petrucci & Associati, significa l’abrogazione della legge 70 del 1980 che impone forti limitazioni e oneri per le società italiane che intendano aprire entità legali in Libia. La svolta storica non riguarda solo le grandi aziende come Eni, Impregilo, Iveco, Agip, Telecom, Italcementi e altre, ma anche attività di più piccole dimensioni.
Crediti. Altro punto importante (articolo 13) riguarda i crediti che le aziende italiane vantano nei confronti del governo libico. L’accordo dice infatti che «le parti si sono scambiate dei messaggi per trovare una soluzione», ma per concludere il negoziato, spiega ancora Greco, il governo deve avere le deleghe di ogni azienda italiana che voglia aderire all’accordo. L’offerta, secondo l’esperto, riguarda il pagamento da parte della Libia del 100% dei crediti di classe A (quelli riconosciuti dal governo libico), e del 25% di quelli definiti B e C.
Difesa. Le due parti (articolo 20) «si impegnano a facilitare partecipazioni industriali più o meno rilevanti nel campo della Difesa e dell’industria militare». In sostanza significa soprattutto cooperazione nella lotta all’immigrazione clandestina. In relazione ad altri temi, il trattato di amicizia stabilisce l’assegnazione di mille posti nelle università italiane per studenti libici e il visto garantito a tutti i cittadini italiani precedentemente espulsi dalla Libia.


«La Libia è un grande cantiere che ha bisogno del made in Italy - ha detto il sottosegretario allo Sviluppo economico Adolfo Urso -. Con questo accordo prevediamo di raddoppiare il nostro export (1,6 miliardi nel 2007, ndr) entro il 2010».

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