da Milano
Una memoria di sette pagine. Fitta di nomi. Roberto Sandalo laveva consegnata a suo tempo ai pm di Firenze, i magistrati toscani lhanno girata ai colleghi di Milano. Il pm Massimo Meroni ha aperto un fascicolo e dunque ha avviato unindagine che torna indietro nel tempo ai primi anni Settanta e al delitto Calabresi. Linchiesta si concentra in particolare sulla presunta struttura illegale, chiamata I nuovi partigiani, che operava nelle retrovie di Lotta continua. È in quellambiente che secondo Sandalo, allora militante di Lc e poi terrorista di Prima linea, maturò lomicidio Calabresi.
La tesi di Sandalo è netta: il 17 maggio 1972, ad aspettare il poliziotto in via Cherubini a Milano, non cerano solo Leonardo Marino, il pentito che poi racconterà tutto agli investigatori, e Ovidio Bompressi, condannato a 22 anni come esecutore materiale e recentemente graziato; no, con loro cerano almeno altre tre persone sfuggite alle retate delle forze dellordine. «Si sa chi sono - scrive Sandalo - due uomini e una donna».
Lex terrorista non parla mai come testimone oculare dei fatti; riporta semmai le confidenze e le rivelazioni ricevute in tanti anni di lotta armata. «Due o tre giorni prima dellomicidio - continua Sandalo - una coppia fu fermata e identificata dalla polizia stradale sotto casa del commissario in via Cherubini a Milano: i due si baciavano su una Fiat 500. Dopo gli accertamenti, furono identificati come due membri conosciuti del servizio dordine milanese di Lotta continua. Quindi linchiesta per organizzare il delitto fu fatta dai milanesi, ma i killer vennero da Torino, dalla Brianza, Bompressi da Massa, quindi non riconoscibili a Milano».
Il ragionamento di Sandalo è evidente: lorganizzazione guidata da Adriano Sofri fu coinvolta ancora più pesantemente di quanto emerso, fra contestazioni e passi falsi, nel 1988, dopo il pentimento di Marino. Anche Marino ha sempre detto che il cerchio delle responsabilità era più ampio di quello delineato dai giudici e ha descritto una sorta di livello occulto di Lc in cui lui stesso fu cooptato e spinto a compiere alcune rapine. I due racconti dunque si saldano e va detto che Sandalo aveva già offerto spezzoni della sua verità ai magistrati, dopo il suo arresto nel 1980, e poi ai giornali, ma questa parte delle sue chilometriche confessioni era finita in un cono dombra. E lì sembrava che dovesse rimanere.
Poi, questestate, il colpo di scena. Sandalo concede unintervista al Giornale e si sofferma su un capitolo inedito della storia di Prima linea: una rapina finita nel sangue in Toscana e addebitabile al gruppo di fuoco capeggiato da Sergio DElia, oggi deputato della Rosa nel pugno e segretario daula della Camera.
La magistratura apre immediatamente un fascicolo e interroga Sandalo. Lui, torrenziale come sempre, conferma e anzi fa il nome di chi gli avrebbe rivelato questa storia; poi, prima di chiudere la deposizione, consegna il memoriale sul presunto livello illegale di Lotta continua, incubatrice della futura Prima linea. I pm fiorentini si concentrano sulla rapina e cominciano una faticosa ricerca darchivio, ancora in corso. Resta quel documento. Che farne?
A Firenze le prime valutazioni sono improntate a prudenza e a un filo di scetticismo. Ma si decide comunque, scrupolosamente, di inviare le carte a Milano. La Procura riapre così la ricerca sugli Anni di piombo e si spinge a ricostruire la genesi di una parte delleversione italiana.
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